Il deficit commerciale USA dopo la guerra commerciale di Trump

A quasi un anno dall’inizio della guerra commerciale, quale andamento si registra per il deficit commerciale statunitense?

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Stati Uniti Mercati esteri Incertezza Guerra commerciale Congiuntura Internazionale

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Il riequilibrio del deficit della bilancia commerciale statunitense è uno dei temi politici più cari all’amministrazione Trump, sulla base della narrativa “America first”.
L’idea alla base del forte cammino protezionistico avviato dal governo americano è infatti quello di sanare il disequilibrio esistente, in primis nei confronti della Cina, attraverso l’imposizione tariffaria per scoraggiare il consumo interno di beni di importazione e dare nuovo slancio a quei settori dell’industria locale poco competitivi in un contesto internazionale.

L’analisi della differenza esistente tra il valore delle importazioni e quello delle esportazioni di beni del Paese rivela, infatti, come il disavanzo commerciale delle merci sia cresciuto senza soluzione di continuità negli ultimi anni; in particolare il deficit nei confronti della Cina è aumentato fino a toccare i 414 miliardi di dollari nel 2018.

Deficit commerciale di beni USA
(2011-2018)

Deficit commerciale USA
Fonte: dati ExportPlanning.

Ma cosa è cambiato nell’andamento del deficit commerciale statunitense dall’avvio delle campagne protezionistiche caldeggiate dall’amministrazione Trump?
Il grafico che segue riporta l’andamento mensile del saldo commerciale americano, dove la linea rossa segnala l'inizio delle campagne protezionistiche. Risulta evidente come il trend discendente del deficit della bilancia commerciale delle merci sia in realtà continuato fino a poco più della metà del 2018, per poi entrare successivamente in una fase di stabilizzazione. Nel periodo che va da ottobre 2018 ad aprile 2019, infatti, il saldo commerciale è rimasto sostanzialmente stabile rispetto ai valori registrati durante il corrispondente periodo dell’anno precedente.

Deficit commerciale di beni USA
(andamento mensile)

Deficit commerciale USA
Fonte: dati ExportPlanning.

Per una lettura integrata dei dati si riporta di seguito una timeline delle principali azioni tariffarie introdotte dall’amministrazione Trump.

Timeline tariffe

In generale, sembrerebbe che dopo il terzo provvedimento tariffario nei confronti la Cina, che di fatto è stato quello di più importante portata, il trend discendente del deficit commerciale si sia arrestato, ma solo dopo un significativo peggioramento del differenziale tra importazioni ed esportazioni americane. In ultima analisi non risultano, quindi, segnali di un significativo miglioramento del trade gap americano. Tale risultato è da ricondursi a fattori di diversa natura che hanno influenzato l’andamento del deficit commerciale durante il corso degli ultimi mesi.

  1. Domanda americana e fattore anticipatore
  2. La fase espansiva della domanda americana sostenuta dalle politiche di tax cuts messe in piedi dall’amministrazione Trump, costituisce uno dei fattori più significativi alla base della crescita delle importazioni statunitensi nel corso degli ultimi mesi. A questa si è sommato il c.d. “effetto anticipatore” verso i beni cinesi oggetto di tariffazione. Dato il lag temporale esistente dal momento dell’annuncio a quello dell’introduzione dei dazi, infatti, si è assistito ad un incremento delle importazioni dei beni oggetto del provvedimento nel periodo immediatamente precedente all’introduzione dei nuovi dazi, segnalando un certo effetto scorta.

  3. Peggioramento della performance americana sui mercati esteri
  4. Il deficit commerciale dipende, inoltre, dalla performance delle esportazioni statunitensi sui mercati esteri, le quali, a causa della debolezza della congiuntura internazionale, dell’apprezzamento del dollaro e delle tariffe ritorsive imposte dalla Cina, sono cresciute ad un ritmo meno dinamico delle importazioni, peggiorando ulteriormente il gap esistente tra i due.

  5. Effetto sostituzione
  6. Un terzo fattore rilevante che mina la narrativa del motto “America first” è riconducibile ad un possibile effetto sostituzione delle importazioni cinesi oggetto dei dazi con importazioni di paesi terzi. Sebbene le azioni tariffarie nei confronti della Cina abbiano ridotto le importazioni americane dal Paese, mitigando in parte il deficit commerciale bilaterale, questo non ha comportato un miglioramento del deficit commerciale complessivo. Il risultato induce a ritenere che nel medio periodo le quote di mercato liberate dalla Cina siano state occupate da produttori terzi, favorendo una semplice riallocazione dei flussi commerciali e non uno stimolo per l'industria locale. Un effetto della guerra commerciale è infatti quella di rendere i fornitori di beni provenienti dai paesi terzi più competitivi rispetto alle imprese cinesi. Tuttavia, qualora le azioni tariffarie dell’amministrazione americana estendessero il raggio d’azione includendo anche altri paesi, come minacciato da tempo dal presidente Trump, tale fattore tenderebbe ad esaurirsi.

In conclusione, l’efficacia delle azioni tariffarie americane sul miglioramento del deficit commerciale statunitense risulta assai dubbia, almeno nel medio periodo. Quello che risulta chiaro è che, però, la minaccia tariffaria sia diventata uno strumento tattico rilevante per impostare una contrattazione bilaterale e affrontare questioni strategiche di primaria importanza.