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E nel 2012 il commercio mondiale tocca un nuovo punto di massimo
Produzione mondiale: +5.3%. Produzione in Italia: -15%. Questi due soli numeri, recentemente pubblicati dall’OICA (l’Associazione mondiale dei produttori di auto), riassumono l’andamento della produzione di auto e veicoli commerciali nel corso del 2012.
Contrariamente a quanto si potrebbe credere, data la crisi economica internazionale, mai erano stati prodotti così tanti veicoli in tutta la storia dell’automobile: ben 84 milioni di veicoli, di cui 63 milioni di auto e 21 milioni di veicoli commerciali. Non male per un mercato considerato molto ciclico, saturo e in costante difficoltà nel gestire la sovracapacità produttiva (le fabbriche sparse per il mondo sarebbero infatti in grado di produrre un numero molto più elevato di veicoli, se ve ne fosse sufficiente domanda).
Per quanto riguarda l’Italia, invece, mai negli ultimi anni era stato prodotto un numero così limitato di veicoli. La produzione di auto e veicoli del Bel Paese si è più che dimezzata in un decennio, e dal 2010 – anno in cui è stato annunciato il piano “Fabbrica Italia”, ormai considerato “superato” – la produzione è calata del 20%.
La spiegazione di tale divergenza nei trend produttivi risiede in larga parte nel cambiamento delle gerarchie produttive a favore dei paesi emergenti.
I paesi BRIC sfornano ormai un terzo delle auto prodotte a livello mondiale. La produzione brasiliana nel corso del 2012 ha sostanzialmente tenuto (grazie anche alla fabbrica Fiat di Belen), la Cina ha ulteriormente incrementato (+4.6%), così come l’India (+5.5%) e la Russia (+12%). La Cina è ormai dal 2009 il primo produttore mondiale di veicoli. Nel 2002 ne produceva un terzo del Giappone; ora ne produce più del doppio.
Non sorprende che l’Asia emergente abbia rosicchiato ulteriormente quote al Giappone: il paese del Sol Levante rappresenta solo il 23% della produzione asiatica, mentre ne controllava il 60% nel 2000. L’America Latina ha raggiunto ormai il 35% della produzione del continente americano, a spese di Stati Uniti e Canada. Mentre l’Est Europeo produce un’auto su tre di quelle che provengono dal Vecchio continente, 15 punti percentuali in più che nel 2005. Basti pensare che Turchia, Slovacchia e Repubblica Ceca producono ognuna più automobili dell’Italia (la Polonia un numero simile). E senza che siano ancora andati a regime i mega-investimenti della Fiat a Kragujevac in Serbia (verranno sfornate quest’anno tra le 100 e le 150 mila auto) e della Mercedes a Kecskemet in Ungheria.
L’Italia d’altronde è in buona compagnia: la produzione in Germania ed in Francia è calata nel corso del 2012 rispettivamente dell’8% e del 12%.
I flussi di commercio internazionale, evidentemente legati alle nuove dislocazioni produttive ma anche agli andamenti della domanda, seguono
trend
non dissimili. La banca dati Ulisse ci consente di comprendere ulteriormente cosa sta accadendo al settore, e dove possono essere colte delle opportunità per i produttori italiani.
Nel 2012 il commercio mondiale del comparto
automotive
(Automobili, Autobus e corriere, Roulotte) ha registrato un nuovo punto di massimo, arrivando a 513 miliardi di euro, in crescita di quasi l'11% in euro rispetto al 2011, e di circa il 12% superiore ai livelli “pre-crisi” del 2007.
La Germania si è confermata nel 2012 leader delle esportazioni mondiali, con una quota del 22.6%, davanti a Giappone (16.4%), Stati Uniti (8.5%) e Sud Corea (7.0%). Nel quinquennio 2007-2012 i paesi che hanno guadagnato più quote in termini di esportazioni sono risultati Sud Corea, Stati Uniti, Messico, Canada e Repubblica Ceca; quelli che hanno maggiormente perduto quote sono stati Francia, Giappone, Spagna, Austria, Svezia. Nell'ultimo quinquennio le esportazioni italiane del comparto hanno perduto ulteriore terreno, scendendo dall'1.9% all'1.5% delle esportazioni mondiali.
Dal punto di vista dei mercati di destinazione, alle spalle di Stati Uniti (22.3% delle importazioni mondiali nel 2012) e Germania (6.7%), si sta facendo largo la Cina, passata dal 1.6% del 2007 al 6.4% del 2012. I BRIC nel loro complesso hanno raddoppiato la loro quota di importazioni mondiali (dal 5.7% del 2007 all'11.9% del 2012). Di converso, tra il 2007 e il 2012 i principali mercati del Vecchio continente (nell'ordine Spagna, Italia, Regno Unito, Francia, Germania) hanno evidenziato a livello internazionale le maggiori perdite di quote in termini di importazioni.
A fronte di tali dinamiche di mercato, le imprese italiane attive nel comparto
automotive
hanno visto un mutamento alquanto rapido nell’evoluzione dei mercati di sbocco. Nel 2000 l’Europa Occidentale rappresentava l’80% dell’export di
automotive
. Ora tale quota è scesa al 57%. Est Europeo, area Nafta e Asia si spartiscono oramai ognuna più del 10% circa dell’
export
italiano, ed hanno raddoppiato il loro peso rispetto ad una decina di anni fa.
I trend in atto sono quindi molto chiari. La difficoltà risiede ora nel gestire tali fenomeni che influenzano non solo il comparto
automotive
ma parecchi settori fornitori. La prima mossa sarebbe quella di prendere coscienza di questo massiccio spostamento produttivo, fenomeno che non è stato ancora “digerito” abbastanza. La seconda è di favorire l’innalzamento di gamma, per evitare che la fascia bassa sia preda della facile concorrenza dei mercati emergenti. Per la subfornitura appare opportuno definire processi di internazionalizzazione di sistema, che possano trovare forma nelle reti di impresa o in analoghi meccanismi aggregativi
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