Le esportazioni verso il Brasile: pronte a ripartire ?
Published by Luigi Bidoia. .
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Nello scorso decennio l'economia del Brasile ha attraversato una fase di forte sviluppo e i mass media parlavano del “modello Lula” per indicare la popolarità dell'allora presidente Luiz Inácio Lula da Silva, considerato l'artefice di questo “miracolo”. Coniugando il sostegno alle grandi imprese con ampi programmi di welfare, Lula ha guidato il Brasile durante un periodo di crescita economica che ha permesso a milioni di brasiliani di uscire dalla povertà. Il Brasile è diventato il primo paese della lista BRICS, acronimo con cui si indicano i 5 paesi tra le maggiori economie emergenti. La crescita economica si è tradotta in maggiori importazioni. In particolare le esportazioni italiane verso il Brasile sono passate dal poco più di 1.5 miliardi di euro del 2003 agli oltre 5 miliardi di euro superati nel 2013. In quell'anno il Brasile è risultato il 17° mercato di esportazione dei beni italiani.
Che cosa è successo negli ultimi tre anni, tanto da far crollare il mercato Brasiliano alla 31° posizione tra i mercati di esportazione italiane? Da alcuni anni il Brasile sta soffrendo di una profonda crisi economica che trova le sue cause in tre diversi fattori:
- la caduta dei prezzi delle materie prime internazionali che ha ridotto le esportazioni brasiliane dai 280 miliardi di dollari nel 2011 ai 195 del 2016;
- una crisi di fiducia dei mercati finanziari internazionali che tra il luglio e settembre 2015 hanno portato il real brasiliano a subire un deprezzamento da 3.4 real per euro a 4.6;
- una crisi istituzionale che avuto il suo massimo punto di tensione nell'agosto del 2016 con la destituzione per l'impeachment della presidente Dilma Rousseff e la nomina a presidente di Michel Temer, suo ex vice. Temer guiderà il Brasile fino al 2018, quando si terranno le prossime elezioni presidenziali.
Questi tre fattori di crisi hanno rischiato di far avvitare l'economia Brasiliana in una spirale negativa che avrebbero potuto riportare il Brasile al secolo scorso, annullando tutti i successi del “miracolo Lula”. Così non è stato, grazie, soprattutto, ad una ferrea politica monetaria che a luglio 2015 ha portato i tassi di interesse al 14.25% e li ha mantenuti al 14% fino a tre mesi fa. I livelli di attività economica sono crollati in due anni di oltre il 7%, ma l'inflazione è sta riportata da oltre al 10% al 5%, riconquistando la fiducia sui mercati internazionali. All'inizio del 2017 l'economia brasiliana si trova nella situazione di poter riavviare il percorso di crescita interrotto nel triennio 2014-2016.
Un ruolo importante nel creare i presupposti di un nuovo ciclo di crescita è stata la riconquista della fiducia dei mercati finanziari, ampiamente registrata dal continuo e prolungato apprezzamento del real. Si veda a questo riguardo gli articoli Real brasiliano e Lira turca agli antipodi del 27 gennaio 2017 e Il rafforzamento di Real Brasiliano, Rublo e Rand Sudafricano del 17 febbraio.
Con un'inflazione sotto controllo (scesa a gennaio di quest'anno al 5.3%) si apre una prospettiva di allentamento della politica monetaria, già iniziata con la riduzione dei tassi di intervento del Banco Central do Brasil di 75 punti base sia l'11gennaio che il 22 febbraio di quest'anno. Con la riduzione dei tassi di interesse è prevista un ripresa degli investimenti tali da poter sostenere un aumento del prodotto interno lordo già da quest'anno. Nell'aggiornamento a gennaio dello scenario di previsione mondiale, il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso di alcuni decimi la previsione del PIL del Brasile per quest'anno, mantenendola però positiva. Gli elementi di incertezza sono legati alla effettiva possibilità del presidente Tender di porre un freno alla vivace dinamica della spesa pubblica, non solo attraverso vincoli macro (quali la modifica costituzionale che ha previsto per i prossimi vent’anni un aumento della spesa pubblica non superiore al tasso di inflazione), ma anche attraverso interventi specifici, soprattutto nell'ambito del sistema pensionistico, ritenuto troppo generoso e non sostenibile. La rabbia e le tensioni sociali che le proposte di riforma hanno generato sono un misura di quanto difficile sia il raggiungimento di questo obiettivo.
Tuttavia, fatte salve le incertezze che gravano sulla possibilità di introdurre a breve la riforma del sistema pensionistico, la situazione attuale, grazie all'apprezzamento del Real, ripropone il Brasile come un mercato ad elevate potenzialità per le esportazioni italiane.
Il grafico qui riportato evidenzia la dinamica del tasso di variazione (storico e previsto dal Fondo Monetario Internazionale) del Prodotto Interno Lordo (PIL), sia a prezzi costanti (che misura fondamentalmente i livelli di attività di un'economia), sia misurato in euro correnti, che può essere considerato una misura della capacità di spesa in euro dell'economia brasiliana sui mercati esteri. La forte correlazione tra la dinamica di questo indicatore e quella delle importazioni documentano come queste ultime siano condizionate dalla capacità di spesa in euro. Nel grafico sono riportati anche i contributi all'aumento del PIL in euro, dovuti sia alla variazione dei prezzi locali sia alla dinamica del tasso di cambio. E' evidente come l'elemento che fa la differenza tra il 2017 e gli anni precedenti sia il tasso di cambio, i cui effetti sul 2017 sono ormai tutti acquisiti da un cambio del Real che da più mesi si colloca su valori inferiori a 3.5 real rispetto all'euro e a 3.3 rispetto al dollaro.
Le imprese italiane hanno già iniziato a beneficiare degli effetti di questo cambiamento, come documentano le esportazioni italiane verso il Brasile che, dopo aver toccato il punto di minimo nel quarto trimestre del 2015, da 4 trimestri risultano in crescita.
La situazione economica del Brasile rimane incerta, ma iniziano ad esserci molti elementi positivi che dovrebbero consigliare alle imprese e istituzioni italiane di ritornare a considerare il Brasile come uno dei mercati di esportazione ad elevate potenzialità.