Le politiche tariffarie nel mondo
Analisi sulla possibilità che eventuali politiche protezionistiche da parte dell'amministrazione americana contagino altri paesi
Published by Luigi Bidoia. .
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Introduzione
Nonostante l’impegno dei paesi coinvolti nel G7 di Taormina a combattere le pratiche di concorrenza sleale nel commercio internazionale senza ricorrere a strategie protezionistiche, non vi è dubbio che l'elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti abbia aumentato le probabilità che i paesi commercialmente deboli ricorrano ad azioni protezionistiche per riequilibrare la propria bilancia commerciale. Le azioni protezionistiche possono riguardare:
- interventi sui mercati dei cambi al fine di svalutare la propria moneta;
- l'aumento delle tariffe sui beni importati;
- l'introduzione di norme, regolamenti, vincoli che rendono più costose o di fatto impossibili le importazioni.
Le politiche tariffarie
Le tariffe sono un campo molto vasto. Il loro livello varia al variare del paese importatore e del prodotto importato. L'informazione precisa sul livello della tariffa applicata da uno specifico paese non UE ai beni provenienti dai paesi UE può essere ricavato solo da fonti amministrative, o da database che le raccolgono (si veda ad esempio il Market Access Database della Commissione Europea). Può essere utile, tuttavia, attraverso un approccio più statistico, avere una valutazione su quali sono attualmente le politiche tariffarie praticate dai diversi paesi al mondo, al fine di poter distinguere tra paesi molto avanti nel libero scambio e paesi protezionisti. Ci sembra, infatti, logico ritenere che difficilmente i paesi che hanno del tutto abolito le tariffe, quali ad esempio Singapore, le introdurranno nel prossimo futuro; viceversa, paesi che hanno una articolata politica tariffaria, modulata per prodotto e per paese esportatore, potrebbero vedere in un aumento delle tariffe una facile strada per avvantaggiare i produttori locali e/o aumentare le entrate statali. Le tariffe, infatti, sono le imposte politicamente meno costose.
Tariffe e WTO
Le tariffe sono fortemente legate al WTO (World Trade Organization) i cui paesi membri devono rispettare, tra le altre, la regola conosciuta come Clausola della Nazione più favorita o Most Favoured Nation-MFN: a tutti i paesi appartenenti al WTO deve essere applicata la tariffa applicata al paese terzo più favorito. Poichè quasi tutti i paesi al mondo sono membri del WTO, di fatto la tariffa MFN è la tariffa che ciascun paese applica sui beni importati. Come tutte le regole che si rispettino, anche la clausola MFN ha le sue deroghe, la più importante delle quali riguarda la possibilità di istituire delle aree regionali di libero scambio tra paesi che hanno firmato tra loro un Free-trade-agreement (FTA). Questi accordi si pongono l'obiettivo di integrare maggiormente le proprie economie, definendo, tra gli altri punti, anche un trattamento tariffario preferenziale (che generalmente consiste nell'annullamento della tariffa), non soggetto alla clausola MFN. Un trattamento tariffario preferenziale non soggetto alla clausola MFN può inoltre essere concesso anche ai paesi più poveri, qualificati come Least Developed Countries (LDCs).
Misura delle politiche tariffarie
Un modo per valutare la politica tariffaria di un paese è quindi quello di misurare:
- quale quota dei beni importati è duty-free, o perché è nulla la tariffa MFN, oppure perché la merce proviene da un paese con trattamento tariffario preferenziale;
- la tariffa media applicata sui beni importati, esclusi quelli duty-free.
- Sviluppati: paesi con elevati redditi pro-capite;
- Emergenti: sono paesi che, pur avendo sperimentato fasi di sviluppo significativo, non hanno ancora raggiunto i livelli di reddito pro-capite dei paesi sviluppati;
- Frontiers: sono paesi con caratteristiche simili ai paesi emergenti, ma le cui fasi di sviluppo, passate e/o attuali, sono meno intense.
- Least developed countries (LDC): sono i paesi che presentano i più bassi indicatori di sviluppo socio economico.
Il grafico relativo a ciascun gruppo di paesi è stato scomposto in tre aree che rappresentano tre diverse tipologie di politiche tariffarie.
Paesi Protezionisti
L'area colorata in rosso raccoglie i paesi con politiche tariffarie caratterizzate da una bassa quota di prodotti duty-free e da una elevata tariffa media. Sono paesi che utilizzano le tariffe sia come barriera alle importazioni che come strumenti di entrate fiscali. Possiamo qualificare questi paesi come paesi protezionisti, con un grado di protezionismo tanto maggiore quanto più il paese si colloca in alto a sinistra del grafico. Tra i paesi sviluppati solo la Corea del Sud ricade in quest'area. L'area è più affollata per i paesi emergenti. Ricadono in quest'area tre delle grandi economie emergenti (Brasile, India e Cina). Da segnalare l'Egitto che si caratterizza per il più elevato grado di protezionismo. Quest'area è molto affollata tra i paesi Frontiers (Algeria, Tunisia, Kenya, ecc) e raggruppa la maggior parte dei paesi LDC (Etiopia, Zimbabwe, Zambia, ecc.) La scelta di applicare tariffe elevate riflette, in questo caso, più bisogni fiscali che non politiche commerciali. Il caso più emblematico è quello delle Bahamas (BHS), che presenta solo l' 11% di prodotti duty-free e una tariffa media sugli altri prodotti record, pari al 34%. Se si considera che le entrare da dazi sulle importazioni rappresentano il 60% del totale delle entrate statali è chiara la finalità fiscale della politica tariffaria del governo delle Bahamas.
Paesi Liberisti
L'area colorata in verde raggruppa i paesi con politiche tariffarie coerenti con il libero scambio internazionale di merci, con tariffe relativamente elevate (Norvegia, ad esempio) solo in presenza di una quota molto elevata di prodotti duty-free. Possiamo qualificare questi paesi come paesi liberisti. In quest'area sono compresi quasi tutti i paesi sviluppati, compresi due campioni del libero scambio quali Singapore e Hong-Kong (HKG). L'unica economia emergente compresa in quest'area è il Perù. Tra i Frontiers da segnalare l'Albania, ma, sopratutto, la Georgia e le isole Mauritius (MUS). Tra i paesi LDC, è degno di nota Papua Nuova Guinea che risulta l'unico paese LDC liberista.
Paesi incerti
L'area grigia isola i paesi che presentano politiche tariffarie intermedie tra quella liberiste e protezioniste. Possiamo qualificare questi paesi come incerti. E' soprattutto da quest'area che potrebbero avvenire degli spostamenti verso l'area protezionista, se l'amministrazione americana attuerà i suoi propositi in tema di commercio internazionale.
Tra i paesi sviluppati, ricadono in quest'area l'UE e la Svizzera. Deve essere, tuttavia, considerato che nella statistiche WTO, l'UE viene considerata come una unica entità territoriale, escludendo quindi tra i flussi di commercio estero gli scambi intra-comunitari. Se questi venissero inclusi, la quota di prodotti duty-free dell'UE balzerebbe ad oltre l'80% , qualificando più propriamente l'UE come area liberista. Anche per la Svizzera va segnalato che i prodotti duty-free rappresentano solo il 20% del numero di codici tariffari svizzeri; questa quota balza, tuttavia, ad oltre il 50% se si considera il valore delle importazioni di questi codici. Allo stesso modo la tariffa media svizzera rifletta la presenza di un numero significativo di codici in cui la tariffa è di fatto proibitiva per le importazioni (superiore al 100%). In questa situazione la tariffa media ponderata per il valore delle importazioni crolla al 2.1%, di gran lunga inferiore rispetto al 6.7% ottenuto come media non ponderata delle tariffe. La Svizzera è, quindi, meglio qualificata come paese complessivamente liberista, ma con una politica commerciale altamente protettiva di alcune specifiche nicchie di produzione (quali, ad esempio, i prodotti lattiero caseari).
Tra i mercati emergenti, la maggior parte si colloca nell'area dei paesi incerti. Tra questi, sono presenti: due delle grandi economie emergenti (Russia e Sud Africa); i sei paesi (Arabia Saudita-SAU, Oman-OMN, Kuwait-KWT, Qatar-QAT, Bahrein-BHR, Emirati Arabi-ARE) del GCC (Gulf Cooperation Council), diventato dal 1 gennaio 2015 unione dogale completamente operativa; molti dei paesi asiatici di nuova industrializzazione (Filippine-PHL, Indonesia, Taiwan-TWN, Malesia) e alcuni paesi dell'America Latina, tra cui Messico (MEX), Cile (CHL) e Colombia (COL). La maggior parte di questi paesi presenta un saldo delle partite correnti strutturalmente positivo; non hanno, quindi, alcun interesse a fomentare guerre commerciali. Solo quattro paesi, che presentano da più anni un saldo delle partite correnti negativo, potrebbero avere l'interesse ad attuare politiche tariffarie più protezionistiche: Indonesia, Messico, Sud Africa e Cile.
Da segnalare, tra i paesi Frontiers incerti, che solo due - Serbia e Ucraina - presentano flussi commerciali non marginali con l'UE. I paesi incerti LDC sono relativamente pochi e, soprattutto, del tutto marginali negli scambi con l'UE.
Conclusioni
Questa analisi suggerisce che i pericoli di un possibile contagio dovuto all'attuazione di politiche tariffarie più protezionistiche da parte degli Stati Uniti è limitato a soli sei paesi con importazioni dalla UE non marginali. Tra questi, inoltre, Cile e Serbia hanno stipulato accordi di libero scambio con l'UE, che hanno portato ad un notevole allargamento dei prodotti duty free delle esportazioni europee (pari rispettivamente al 98% e al 96% delle esportazioni UE verso il Cile e la Serbia). Data la sua situazione di crisi internazionale, è difficile che l'Ucraina attui una politica protezionistica verso l'UE. Il pericolo di un eventuale contagio di politiche protezionistiche da parte degli Stati Uniti, per quanto riguarda l'UE sembra, quindi, essere limitato ai soli Messico, Indonesia e Sud Africa.