Le tariffe pagate dagli esportatori UE
Nel 2016 le imprese esportatrici UE hanno risparmiato 23 miliardi di euro grazie agli accordi di libero scambio sottoscritti dalla Commissione Europea
Published by Luigi Bidoia. .
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Introduzione
Nell'articolo le politiche tariffarie nel mondo sono state analizzate le tariffe che i diversi paesi applicano sui beni importati, senza distinguere per paese di provenienza. In questo articolo analizzeremo le tariffe pagate specificatamente dalle imprese UE quando esportano in paesi non-UE. Tutti i paesi UE sono membri del WTO e, in quanto tali, hanno diritto alla tariffa Most Favorite Nation (MFN). Spesso, tuttavia, le imprese UE pagano tariffe molto più basse (molto spesso nulle) grazie ad accordi che la UE ha stipulato con molti paesi terzi. Questi accordi sono di vario tipo e possono avere finalità più ampie rispetto agli accordi Free Trade Agreement, finalizzati a ridurre le barriere commerciali, tariffarie e non. In particolare essi possono riguardare anche propositi di collaborazione economica e sociale (come ad esempio gli Economic Partnership Agreements). La lista degli accordi sottoscritti dalla UE, già attivi o di prossima attivazione, è contenuta in ec.europa.eu/trade.
Accordi Commerciali della Commissione Europea
Gli accordi che la Commissione Europea ha sviluppato negli anni coinvolgono oltre 70 paesi. Il primo, in ordine temporale, riguarda i paesi Efta (Svizzera, Norvegia e Islanda), stipulato nel 1973 dall'allora Comunità Europea con l'obiettivo di contribuire all'eliminazione degli ostacoli agli scambi commerciali e all'espansione del commercio mondiale. Grazie a questo accordo, molte delle tariffe di Svizzera, Norvegia e Islanda sulle importazioni dai paesi della Comunità sono state drasticamente ridotte, quasi sempre annullandole.
A questo primo accordo ne sono seguiti molti altri, con diversi paesi, tra cui Turchia (1995), Russia (1997), Israele (2000), Egitto (2004), Cile (2005), Colombia e Perù (2012), Sud Africa (2016). Il 30 ottobre 2016 è stato firmato il Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA) con il Canada, approvato il 15 febbraio 2017 dal parlamento europeo. Attualmente è in corso il processo di approvazione da parte dei diversi paesi dell'Unione.
Se consideriamo nel loro insieme gli accordi di libero scambio tra la UE e i paesi partner, la riduzione delle aliquote tariffarie e il valore delle esportazioni UE verso questi paesi, è possibile stimare in 23 miliardi di euro il risparmio nel 2016 delle imposte tariffarie da parte delle imprese esportatrici UE.
Ogni accordo, naturalmente, ha le sue specificità.
Tutti comportano un abbattimento delle tariffe pagate dalle imprese UE nei mercati coinvolti
nell'accordo,
ma l'entità della riduzione, e soprattutto i prodotti che sono oggetto di riduzione, variano
da accordo ad accordo.
E' possibile avere una misura dell'importanza dei diversi accordi
utilizzando due parametri:
- la riduzione media delle aliquote che l'accordo comporta;
- l'importo totale delle minori tariffe pagate sulle vendite nel mercato estero oggetto dell'accordo.
Nel grafico che segue, ogni paese coinvolto negli accordi di libero scambio è stato posizionato sulla base della riduzione media delle aliquote delle tariffe che l'accordo comporta e del valore totale delle minori tariffe pagate dalle imprese UE nel 2016. Il grafico è stato inoltre diviso in quattro quadranti per evidenziare il diverso contenuto ed effetto degli accordi stipulati con i paesi Sviluppati, con le economie Emergenti, con i mercati Frontiers e con i Least Developed Countries (LDC).
Dall'analisi del grafico emergono i seguenti fatti:
- la riduzione media delle aliquote tariffarie è compresa tra il 2% e il 3% negli accordi con i paesi sviluppati. Questi sono paesi che nel corso degli ultimi 20 anni hanno ridotto significativamente le tariffe MFN, riducendo quindi gli spazi per ulteriori riduzioni nell'ambito di accordi bilaterali;
- più significativa è la riduzione delle aliquote dovuta agli accordi stipulati con le economie Emergenti e Frontiers. La riduzione dell'aliquota media è prossima al 5% per Turchia, Messico, Sud Africa, Cile, Montenegro; sale al 6% per Giordania e Serbia; all'8% per Bosnia, Algeria e Egitto; si avvicina al 10% per il Marocco e arriva ad un massimo del 12% per la Tunisia;
- dal punto di vista dell'importo totale di tariffe pagate dalle imprese UE, Svizzera e Turchia con oltre 3 miliardi di euro di risparmi, distanziano significativamente gli altri paesi; seguono con circa 2 miliardi di euro di risparmi ciascuno, i 4 paesi Nord Africani (Egitto, Marocco, Algeria e Tunisia) e il Messico; pari a circa 1 miliardi di euro sono i risparmi per le imprese esportatrici UE verso la Serbia e il Sud Africa;
- alcuni accordi stipulati con le economie emergenti (Russia, Colombia e Costa Rica), molti degli accordi con i mercati Frontiers e tutti gli accordi con i paesi LDC presentano effetti limitati in termini di riduzione delle aliquote (inferiori al 2%) e pochi benefici in termini di minori imposte complessive pagate.
La conclusione che si può trarre da questa analisi è che sicuramente
la Commissione Europea è molto attiva sul fronte degli accordi di libero scambio.
Questo giudizio risulta rafforzato se si considera che nel corso degli ultimi 4 anni
la Commissione è stata fortemente impegnata nella negoziazione riguardante il
Partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) con gli Stati Uniti,
ora sospeso in attesa delle decisioni della nuova amministrazione americana.
Non sempre questi accordi riescono ad essere chiusi con riduzioni significative delle tariffe.
L'azione della Commissione Europea ha complessivamente un impatto significativo
e impone alle imprese, che hanno avviato processi di internazionalizzazione,
di prendere in esame, nell'ambito della selezione dei mercati
su cui orientare i propri investimenti commerciali,
non solo l'attuale livello delle tariffe, ma anche le loro possibili evoluzioni.