L'indebolimento del Dollaro e il rafforzamento della Sterlina inglese
Published by Mattia Perna. .
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Questa settimana il tasso di cambio “dollaro per euro” ha subito un significativo aumento (1.5%)
raggiungendo quota 1.244, valore che non si osservava dal lontano novembre 2014.
Il dollaro si sta, quindi, sempre più indebolendo nei confronti dell'euro.
Essendo un tasso di cambio bilaterale, la sua dinamica può modificarsi sia a causa di fattori
che influenzano il dollaro, sia a causa di fattori che influenzano l'euro.
Partendo dal dollaro, si può affermare che dall'insediamento di Donald Trump
alla Casa Bianca (novembre 2016), il dollaro ha intrapreso una dinamica di
indebolimento non solo nei confronti dell'euro ma anche nei confronti delle
principali valute mondiali, perdendo più dell'8% del suo valore. Infatti,
come si può osservare dal grafico sottostante, da novembre 2016 il tasso di
cambio effettivo del dollaro è passato da 109 a 100.
L'indebolimento del dollaro, quindi, trova spiegazione nell'operato del governo
Trump che negli ultimi mesi ha attuato politiche economiche che di fatto hanno
influenzato negativamente la dinamica del biglietto verde. Tra le più importanti, da ricordare la riforma fiscale appena varata e la strategia
commerciale protezionistica (dazi doganali su lavatrici e pannelli solari)
annunciata pochi giorni fa.
Ad aumentare le pressioni sul dollaro sono state le dichiarazioni di Steven Mnuchin,
segretario al tesoro Usa, e di Wilbur Ross, segretario al commercio americano,
durante il World Economic Forum tenuto a Davos questa settimana.
Entrambi, infatti, hanno alimentato i timori di una guerra valutaria: Mnuchin ha
affermato apertamente che l'indebolimento del dollaro non è preoccupante,
anzi che può contribuire al rilancio delle esportazioni e quindi dell'economia
Usa; Ross, invece, ha lasciato intendere che l'America sta ora salendo sulle
barricate di una guerra commerciale a favore delle imprese americane.
Se questi fattori giustificano l'indebolimento del dollaro, d'altra parte bisogna
riconoscere che l'euro sta attraversando un periodo di particolare forza.
Come si può osservare dal grafico sotto riportato, da inizio anno, il tasso di cambio
effettivo dell'euro è aumentato del 6.2% attestandosi su un valore pari a 110.1.
Lo stesso Mario Draghi, durante il meeting di politica monetaria della Banca Centrale
Europea (BCE) tenutosi lo scorso giovedì, ha affermato che la crescita economica
dell'Unione europea ha si reso l'euro più forte, ma allo stesso tempo più volatile,
fattore che genera incertezza e che potrebbe incidere negativamente su altre variabili
economiche importanti, quali ad esempio il tasso d'inflazione.
Tuttavia, data la stabilità economica dell'unione, la forward guidance della BCE
non cambia lasciando invariati i tassi d'interesse (tassi sulle operazioni di
rifinanziamento principali, marginale e sui depositi rispettivamente pari
a 0%, 0.25% e -0.4%) e il quantitative easing (Qe), attualmente pari a 30
miliardi di euro al mese fino a settembre 2018.
Un'altra valuta che questa settimana ha subito un significativo apprezzamento è la Sterlina inglese.
I recenti dati rilasciati dal Office for National Statistics (ONS), agenzia governativa britannica,
hanno generato ottimismo sull'economia del Regno Unito.
La crescita economica dell'ultimo trimestre del 2017 ha superato le aspettative degli
analisti attestandosi su un valore pari a 0.5% (tasso di crescita del PIL congiunturale).
Inoltre, continuano le speculazioni sui negoziati Brexit che questa settimana sono stati oggetto
di discussione nel Forum di Davos e che, insieme ai dati ONS, hanno spinto la sterlina
ad apprezzarsi sia nei confronti del dollaro (2.7%) che nei confronti dell'euro (1.2%),
chiudendo la settimana con valori rispettivamente pari a 0.702 Sterline per dollaro e
0.873 Sterline per euro.