Tutti i dazi del presidente
Quali sono i numeri, le cause e le conseguenze che si celano dietro l'ultima manovra protezionistica di Donald Trump?
Published by Alba Di Rosa. .
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Il primo marzo il presidente degli Stati Uniti ha annunciato l'imminente introduzione di nuovi dazi alle importazioni: dopo quelli su pannelli solari e lavatrici, il dito è stato puntato contro alluminio e acciaio, sui quali ha dichiarato di voler introdurre dazi rispettivamente del 10 e del 25%. Dopo una settimana in cui i commentatori internazionali si sono spesi a declamare i rischi di tale mossa, ieri l'amministrazione ha ufficializzato la propria volontà con la firma di due Presidential Proclamations1, volte a limitare le importazioni di alluminio e acciaio negli Stati Uniti.
Gli Stati uniti sono il primo importatore mondiale di acciaio e alluminio
Simili azioni di politica commerciale si inscrivono a pieno titolo nel programma economico di Trump, uno dei cui primari obiettivi è proprio quello di “eliminare il cronico trade deficit americano”2. Nel tentativo di ripristinare gli equilibri della bilancia commerciale è ragionevole colpire quei beni che più degli altri sono oggetto di importazioni: i dati SiUlisse mostrano come, nel caso degli Stati Uniti, rientrano sicuramente tra questi l'acciaio e l'alluminio, per i quali gli USA risultano nel 2017 il primo importatore mondiale.
Fonte: Sistema Informativo Ulisse, Data Warehouse Ulisse
Negli ultimi anni l'import penetration3 registrata sul mercato statunitense per questi
prodotti si è aggirata attorno al 30% per l'acciaio e al 50% per l'alluminio;
secondo un recente studio
redatto dallo U.S. Department Of Commerce, che ha anticipato e supportato la decisione del presidente,
la dipendenza dall'estero di queste industrie è così rilevante da “indebolire l'economia interna” e
“mettere in pericolo la sicurezza nazionale”.
Per questa ragione l'amministrazione ha considerato lecito ricorrere alla Sezione 232 del Trade
Expansion Act del 1962, una legge poco usata che permette di imporre restrizioni alle importazioni di
fronte ad una seria minaccia per la sicurezza nazionale. È rilevante notare come si sia scelto
di operare al di fuori degli schemi della World Trade Organization (WTO), scegliendo il mezzo di
una legge nazionale piuttosto che quello delle Safeguard Measures previste dal WTO al medesimo scopo:
tutelare un'industria domestica contro un eccesso di importazioni.
Nonostante l'enfasi posta dall'amministrazione Trump sulla Cina, non è detto che essa sarà il paese maggiormente colpito dai nuovi dazi
La citata indagine dello U.S. Department of Commerce conferisce particolare enfasi al ruolo della Cina,
in quanto principale responsabile di una “global excess steel production” favorita da sussidi
governativi.
La supremazia commerciale del paese guidato da Xi Jinping in merito alle esportazioni di acciaio
e alluminio è effettivamente incontrastata: secondo i dati 2017 la Cina è primo esportatore mondiale per
entrambe le suddette materie prime, distanziandosi significativamente dagli Stati Uniti che si
classificano come 5° esportatore mondiale di alluminio e 11° maggiore esportatore di acciaio
(fonte: SiUlisse).
Soffermandosi a valutare le transazioni bilaterali tra Cina e Stati Uniti per le materie prime colpite
dai dazi, si nota come, nel 2017, un afflusso rilevante negli USA sia stato registrato soltanto per
l'alluminio cinese, mentre per l'acciaio la Cina si colloca all'ultimo posto nella top ten degli
esportatori. I dati SiUlisse segnalano infatti come il top supplier di acciaio e alluminio per
gli Stati Uniti non sia la Cina bensì il Canada, attualmente partner privilegiato grazie
agli accordi NAFTA.
Fonte: Sistema Informativo Ulisse, Data Warehouse Ulisse
Protetti dall'area NAFTA, “at least this time” Canada e Messico saranno risparmiati dai dazi
La posizione di favore del Canada sarà mantenuta anche dopo l'entrata in vigore dei nuovi dazi, dai quali
entrambi i partner NAFTA saranno esclusi. Il North America Free Trade Agreement è però
attualmente oggetto di rinegoziazione; si apre la possibilità che, qualora le trattative non avessero
un esito gradito agli USA, Canada e Messico potrebbero ritrovarsi alla stregua degli altri paesi in
termini di trattamento tariffario da parte degli Stati Uniti.
Risulta inevitabile dedurre che tale concessione possa far parte di una più ampia strategia, volta a
mantenere le redini delle trattative saldamente in mano americana. Lo stesso presidente il 5 marzo in
una serie di tweet aveva preannunciato che Canada e Messico sarebbero stati risparmiati dalle
nuove tariffe solo in cambio di un nuovo accordo più equo nei confronti degli Stati Uniti.
We have large trade deficits with Mexico and Canada. NAFTA, which is under renegotiation right now, has been a bad deal for U.S.A. Massive relocation of companies & jobs. Tariffs on Steel and Aluminum will only come off if new & fair NAFTA agreement is signed. Also, Canada must..
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 5 marzo 2018
...treat our farmers much better. Highly restrictive. Mexico must do much more on stopping drugs from pouring into the U.S. They have not done what needs to be done. Millions of people addicted and dying.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 5 marzo 2018
Escludendo quindi i partner NAFTA, i paesi direttamente colpiti dall'ondata di protezionismo saranno per l'acciaio Brasile, Russia, Corea del Sud, Giappone e Turchia, che nel 2017 sono risultati, insieme a Canada e Messico, i maggiori esportatori di questa materia prima negli USA; per quel che riguarda l'alluminio, invece, la prima vittima sarà la Cina, seguita da Russia, Emirati Arabi e Bahrain.
Dato questo scenario, alla base dei nuovi dazi sembrano esserci, più che ragioni di sicurezza nazionale, motivazioni politiche e strategiche:
- il desiderio di dettare le regole del gioco all'interno della rinegoziazione del NAFTA;
- la volontà di mantenere le promesse elettorali con una spinta, più retorica che effettiva, all'industria nazionale;
- la necessità di garantire introiti tali da coprire i tax cuts firmati il 22 dicembre dello scorso anno, come apertamente dichiarato nel Trump Economic Plan.
I dazi su acciaio e alluminio mettono a rischio le industrie che impiegano questi materiali come input produttivi
Se l'introduzione di nuovi dazi potrà fornire un parziale supporto alle industrie interessate, i
pericoli connessi potrebbero superare i vantaggi. Non dimentichiamo che i dazi sull'acciaio imposti nel
2002 da Bush (e cancellati nel 2003) hanno causato una perdita annua stimata di PIL di 30.4 milioni di
dollari: ad affermarlo è uno studio
condotto dalla U.S. International Trade Commission, volto a soppesare i benefici dei dazi per il
settore interessato contro i danni inflitti dagli stessi alla “steel-consuming industry”.
Ad oggi, come evidenziano L. Cox e K. Russ4, “negli USA i posti di lavoro nei quali
l'acciaio è utilizzato come input si collocano in un rapporto di circa 80 a 1 rispetto a quelli
nell'ambito della produzione dell'acciaio stesso”. Ulteriori rischi includono:
- la perdita di competitività a livello di esportazioni dei prodotti made in USA che utilizzano acciaio e alluminio come input;
- un aumento di prezzo per i consumatori finali dei suddetti prodotti;
- la potenziale delocalizzazione di quelle imprese che impiegano acciaio e alluminio, verso paesi in cui affronterebbero costi di approvvigionamento minori;
- le contromisure da parte dei paesi toccati dai dazi e la messa in crisi dell'attuale assetto del commercio globale.
1. Questa
per l'acciaio e questa
per l'alluminio.
2. Un deficit nella bilancia commerciale di un paese indica una prevalenza delle importazioni sulle
esportazioni nell'arco di tempo considerato. È questo il caso degli Stati Uniti, che dagli anni '80
mostrano un sistematico saldo negativo.
3. Per import penetration si intende il rapporto tra importazioni e domanda interna totale di
un paese (fonte: OECD).
4. Harvard University e University of California, Davis
.