La settimana delle banche centrali
I meeting di FED, BCE e BoJ confermano che l’ora della normalizzazione monetaria è giunta. Ma non per tutti.
Published by Alba Di Rosa. .
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Gli eventi della settimana
- Paesi emergenti
Tra gli emergenti, osservato speciale di questa settimana è stato il Brasile.
Il Real brasiliano, interessato ormai da mesi da una dinamica di deprezzamento, ha toccato il 7 giugno i minimi 2018 (3.88 Real per dollaro). Nei giorni a seguire è riuscito a riprendere quota grazie ad una massiccia azione del Banco Central do Brasil (BCB) sul mercato dei derivati1, che ha portato la valuta sudamericana a recuperare quasi il 3% del suo valore rispetto al dollaro.
Il BCB non ha fatto invece ricorso alla vendita di riserve di valuta estera, che dal 2012 rimangono stabilmente sopra i 350 miliardi di dollari.
- Paesi sviluppati
In questo secondo gruppo di paesi, la settimana appena trascorsa è stata particolarmente rilevante dal punto di vista monetario. Il 13 giugno si è tenuto infatti il Monetary Policy Meeting del Federal Open Market Commitee (FOMC) della Federal Reserve Bank americana (FED), seguito il 14 dal Governing Council Meeting della Banca Centrale Europea (BCE) e il 15 dal Monetary Policy Meeting della Bank of Japan (BoJ). Questi eventi hanno fornito delle fondamentali linee guida per la determinazione della politica monetaria di USA, UE e Giappone nei mesi a venire.
La FED procede al rialzo dei tassi
Il FOMC ha sostenuto la compatibilità delle attuali condizioni macroeconomiche statunitensi con un
progressivo aumento del target range per il federal funds rate, passato nella seduta di
giugno a 1.75/2% (+25 punti base).
In linea con quello del mese di maggio, anche il meeting di giugno
del FOMC è stato
caratterizzato dall’ottimismo per un’economia in crescita e dalla volontà di una progressiva
normalizzazione monetaria. Si segnala un continuo rafforzamento del mercato del lavoro e un
solido tasso di crescita dell’attività economica, nonché un’inflazione vicina al target del 2%,
pari al 2.8% a maggio 2018 (fonte: Bureau of Labor Statistics).
La BCE traccia le tappe per la fine del QE...
Anche dall’altro lato dell’oceano l’ora della normalizzazione monetaria sembra scoccata, date le
condizioni di contorno favorevoli. A maggio l’inflazione ha toccato l’1.9% nell’Eurozona, vicina ma al
di sotto del target del 2%, e notevolmente in crescita rispetto all’1.3% del mese precedente
(Fonte: Eurostat).
Questa tendenza al rialzo è confermata anche dall’andamento dei prezzi delle commodities.
Secondo le dichiarazioni
rilasciate ieri a Riga da Mario Draghi, le aspettative inflazionistiche rimangono positive nel lungo
periodo, segnalando la rinnovata forza dell’economia europea.
Pur continuando con una politica monetaria accomodante, che mantiene inalterati gli attuali bassi tassi d’interesse, la BCE ritiene quindi sia giunto il momento di porre fine al quantitative easing (QE), cominciato nel gennaio 2015 per contrastare il rischio di un prolungato periodo di bassa inflazione. La fine del QE sarà graduale: la BCE proseguirà nell’acquisto di titoli2 all’attuale ritmo di 30 miliardi di euro di acquisti netti al mese fino alla fine di settembre, per poi dimezzare a 15 miliardi nei 3 mesi successivi e ridurre a zero gli acquisti a partire dal 2019.
… Mentre per il Giappone il QE continua
Il Giappone non sembra invece ancora pronto per la fine delle misure di politica monetaria non
convenzionale. Dal meeting della Bank of Japan
è emerso infatti che il programma di
Quantitative and Qualitative Monetary Easing (QQE), anch’esso volto al raggiungimento del
target inflazionistico del 2%, proseguirà fino a che tale target non sarà stabilmente raggiunto.
La banca centrale continuerà quindi ad acquistare buoni del tesoro giapponesi all’incirca al livello
attuale.
Questa differente decisione riflette un diverso quadro macroeconomico: la BoJ segnala che
l’espansione dell’economia giapponese è solo moderata, trainata da una altrettanto
moderata crescita nei consumi e negli investimenti, e da un miglioramento più deciso a livello
di occupazione e redditi. Il consumer price index indica un’inflazione nel range
0.5/1% (fonte: BoJ), ragione per cui si ritiene indispensabile la prosecuzione dello stimolo
monetario.
Effetto sui tassi di cambio
Lo scenario che emerge da questa intensa settimana di incontri è quindi duplice: se da un lato Europa
e USA sembrano aver imboccato – con maggiore o minore incertezza – la strada della ripresa economica
e della conseguente normalizzazione monetaria, dall’altro il caso Giappone suggerisce come le misure
di politica monetaria straordinaria possano ormai essere diventate una nuova normalità, di fronte
ad un’economia strutturalmente cambiata rispetto al passato.
Dal punto di vista dei cambi, queste nuove linee di politica monetaria potranno con buona probabilità
portare ad un indebolimento della valuta giapponese rispetto ad euro e dollaro.
Note:
1. Il BCB l’8 giugno ha affermato la sua volontà di offrire, fino alla giornata odierna, un ammontare
totale di currency swaps pari a 24.5 miliardi di dollari (20 miliardi in più rispetto ai 750
milioni offerti giornalmente nelle aste swap).
2. Asset purchase programme.