Deprezzamento dello Yuan: non solo guerra commerciale
Opacità sui fattori che guidano l’indebolimento della valuta cinese
Published by Alba Di Rosa. .
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La notizia diffusa oggi dalle autorità cinesi del rallentamento della crescita del paese porta sotto i riflettori la questione dello Yuan, la valuta del paese asiatico, che da giugno è interessata da un significativo indebolimento.
Come si può notare dal grafico, la fase di deprezzamento
è cominciata all’inizio dell’estate, in concomitanza con l’annuncio USA di una prima tranche di dazi esclusivamente rivolti alla Cina. L’indebolimento è stato
sostenuto fino a metà agosto; la valuta si è rafforzata nella seconda metà del mese per poi riprendere il suo cammino di indebolimento, ma a ritmi più lenti rispetto
a quelli registrati nel corso dell’estate.
Complessivamente da metà giugno lo Yuan ha perso quasi l’8% del suo valore rispetto al dollaro.
Rallenta la seconda economia mondiale
Nel quadro dell’indebolimento valutario si inserisce anche la situazione macroeconomica. Oggi il National Bureau of Statistics of China ha annunciato che i tassi di crescita del PIL del paese si sono lievemente ridotti nel corso dell’anno: dopo un +6.8% registrato nel I trimestre 2018, il II si è concluso con un +6.7, per poi passare al +6.5 nel III trimestre.
Benché si tratti comunque di tassi di crescita altissimi, si comincia a percepire un raffreddamento dell’economia, al quale può aver con buona probabilità
contribuito la guerra commerciale e l’incertezza da essa derivante. L’Ufficio Statistico Cinese ha parlato infatti di un “ambiente estremamente complesso
all’estero e sfide difficoltose di riforme e sviluppo da portare avanti all’interno del paese”.
I fondamentali macroeconomici cinesi rimangono tuttavia solidi.
Cade lo Yuan: è manipolazione?
L’indebolimento dello Yuan è di grande interesse per il Dipartimento del Tesoro USA, poiché potrebbe aiutare la Cina a controbilanciare l’effetto dei dazi rendendo il suo export più competitivo. Il report di ottobre 2018 dello U.S. Treasury sulle politiche macroeconomiche e di cambio dei principali paesi partner ha quindi indagato la questione della currency manipulation: l’indebolimento dello Yuan si deve a forze di mercato o è frutto di decisioni delle autorità monetarie cinesi?
La risposta che è emersa dallo studio ha indicato come più plausibile la prima opzione. Il Tesoro ha dichiarato che l’intervento diretto della People's Bank of China (PBOC) è stato limitato quest’anno, ma ha sottolineato come la banca centrale cinese non si stia neanche adoperando in modo significativo per frenare le pressioni al deprezzamento. Ciò è testimoniato dalle riserve di valuta estera, che sono rimaste stabili negli ultimi mesi.
La questione è particolarmente complessa perché da un lato non è chiaro quale sia lo scenario desiderato dal governo cinese e, dall’altro, esiste molta opacità sugli strumenti che possono essere utilizzati dalla autorità monetarie del paese per guidare il tasso di cambio.
Per quanto riguarda lo scenario auspicato dal governo, le dichiarazioni ufficiali lascerebbero intendere la volontà di evitare un eccessivo deprezzamento. Le ragioni economiche suggeriscono, tuttavia, che il governo cinese possa vedere l’indebolimento del cambio come utile per sostenere le esportazioni e compensare i possibili effetti negativi dovuti alla guerra commerciale in atto.
Per quanto riguarda gli strumenti utilizzati dalla banca centrale, è necessario precisare che le autorità cinesi possono condizionare i movimenti di capitali
sia in entrata che in uscita dal paese. Inoltre la PBOC, al fine di evitare oscillazioni elevate, interviene sul mercati valutari per mantenere il cambio all’interno
di un range del ±2% rispetto al reference rate. Quest’ultimo dovrebbe riflettere le effettive condizioni di domanda e offerta della valuta, ma essendo
fissato dalla PBOC stessa permane un margine di discrezionalità.
Allo stato attuale delle conoscenze non è quindi possibile formulare valutazioni sulla probabile direzione del tasso di cambio dello Yuan nel prossimo futuro.