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Nel post sul Blog Ulisse del 10 ottobre, Marcello Antonioni ha posto in evidenza come le esportazioni verso i mercati extra-UE stiano “salvando” le imprese industriali italiane, a fronte di una situazione drammatica del mercato italiano e di una generale debolezza dei mercati comunitari. Da oltre due anni la crisi dei debiti sovrani sta caratterizzando principalmente l'economia europea ed è quindi “naturale” che i mercati extra-UE misurino una crescita della domanda più sostenuta rispetto a quelli comunitari. In questa situazione, è altrettanto “naturale” una performance migliore delle esportazioni italiane verso i mercati lontani rispetto a quella registrata verso i mercati comunitari.
I risultati ottenuti dalle imprese italiane sembrano, tuttavia, riflettere qualcosa di più rispetto ad un semplice differenziale di condizioni di domanda. Vi è l'impressione che sia in atto uno sforzo straordinario da parte delle imprese italiane, rispetto alle esperienza degli ultimi 20 anni, per “esplorare” le potenzialità dei mercati che stanno oltre i confini della Comunità Europea.
Abbiamo cercato di verificare la veridicità o meno di questa impressione, utilizzando i dati congiunturali del Sistema informativo Ulisse. Per fare questo abbiamo confrontato la dinamica delle esportazioni italiane con quelle degli altri paesi UE. L'idea di base è che la dinamica delle esportazioni UE possa essere un
benchmark
significato per poter valutare con oggettività lo sforzo che le imprese italiane stanno producendo e i relativi risultati.
Il primo grafico presenta la dinamica relativa delle esportazioni italiane sia sui mercati extra-UE che sui mercati UE. Il grafico relativo ai mercati UE è impietoso, documentando una continua perdita competitiva delle imprese italiane nei confronti, non dei paesi a basso costo o delle economie asiatiche emergenti, ma nei confronti degli altri paesi comunitari. Se consideriamo il mercato UE come un mercato “domestico”, allora le imprese italiane stanno chiaramente perdendo la gara “interna” con le imprese tedesche, spagnole e con le imprese localizzate negli altri stati dell'Unione Europea, a partire dai “nuovi” entrati dell'Europa Centro Orientale.
Meno impietoso è il grafico sulle performance relative ottenute sui mercati extra-UE. In questo caso, dopo il crollo del triennio 2008-2010, negli ultimi 2 anni si registra sicuramente una stabilità delle capacità competitive e, probabilmente, un'inversione di tendenza. Questa inversione di tendenza è più evidente se scomponiamo i mercati extra-UE nelle diverse aree del mondo.
Il secondo grafico riporta le performance relative delle imprese italiane verso i mercati nord americani e verso i mercati asiatici. Il recupero della competitività delle imprese italiane sul mercato nord americano è chiaramente documentato dal grafico della quota di esportazioni italiane verso quell'area, con un momento di svolta positiva collocabile all'inizio del 2010. Altrettanto evidente è il recupero della competitività verso i paesi asiatici, anche se il punto di svolta è avvenuto solo recentemente, all'inizio del 2012.
In conclusione le informazioni a disposizione segnalano un punto di svolta positivo dei risultati delle vendite all'estero delle imprese italiane prima sul mercato nord americano e poi anche sui mercati asiatici, confermando come, nonostante tutto, nel mondo industriale italiano non siano venuti meno coraggio e determinazione nel ricercare in paesi lontani (geograficamente e culturalmente) quelle opportunità di crescita senza le quali le imprese muoiono. Questo segnale positivo è particolarmente importante perchè dalla minore o maggiore capacità dell'industria italiana di affermarsi sui mercati mondiali dipenderà l'uscita o meno della nostra economia dall'attuale prolungata fase di declino.
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