La forza di Draghi e l'influenza delle banche centrali
Pubblicato da Mattia Perna. .
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Le parole rilasciate ieri dal Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, hanno fatto schizzare
l'euro su livelli che non si osservavano da dicembre 2014: 0.859 euro per dollaro (1.164 dollari per euro).
La BCE ha lasciato i tassi d'interesse invariati (tasso principale 0%, tasso sui depositi -0.4%)
ed ha confermato la politica monetaria ultra-accomodante che prevede acquisti mensili per 60 miliardi
di euro, aggiungendo la possibilità di estendere, se necessario, tale politica oltre dicembre 2017.
Come già avvenuto in occasione del meeting delle banche centrali di Sintra
(si veda
"Euro sempre più forte"), i mercati hanno reagito con
eccessiva foga alle parole del numero uno della BCE, portando l'euro ad apprezzarsi dell'1.37% nei
confronti del dollaro (vedi grafico sotto riportato) e dello 0.87% nei confronti delle principali
valute mondiali (tasso di cambio effettivo).
Un'altra moneta che sembra risentire dell'influenza della propria Banca Centrale è il
Dollaro australiano.
Qualche settimana fa, la Reserve Bank of Australia ha confermato le buone prospettive economiche del
Paese lasciando intendere ai mercati un possibile aumento dei tassi d'interesse nel breve termine.
Questo ha contribuito ad aumentare la fiducia degli agenti economici nei confronti del Paese e nei
confronti del Dollaro australiano che in poco più di una settimana si è rafforzato del 4.33% nei
confronti del dollaro USA (e dell'1.8% nei confronti dell'euro).
Oggi, il vice governatore della RBA, Guy Debelle, ha frenato le speculazioni sui mercati dei cambi
affermando che la Banca Centrale australiana non aumenterà i tassi d'interesse solo perché le altre
banche centrali stanno adottando una politica monetaria meno accomodante (ad esempio: Bank of Canada,
Federal Reserve, Bank of Mexico). L'intervento di G. Debelle ha stabilizzato la valuta australiana su
1.263 Dollari australiani per dollaro USA (1.47 Dollari australiani per euro).
Infine, da segnalare l'andamento di due valute: lo Shekel israeliano e
la Corona norvegese.
Per quanto riguarda la valuta israeliana, l'inaspettata caduta dell'indice dei prezzi al consumo
(CPI-Consumer Price Index) dello 0.7% rispetto al mese di maggio complica il quadro macroeconomico
di Israele che ha subito, nel primo trimestre dell'anno, anche un rallentamento nel tasso di crescita
del PIL (trimestrale) dall'1.2% allo 0.4%.
Ad incidere negativamente sullo Shekel sono anche le recenti news che vedono il primo ministro
israeliano, Benjamin Netanyahu, accusato di corruzione (le principali accuse sono: agevolazioni
nei confronti del giornale israeliano Yedioth Ahronoth, favori in cambio di regali milionari da
parte di uomini d'affari israeliani e australiani, coinvolgimento nell'acquisto di sottomarini tedeschi).
Tale scenario contribuisce ad indebolire lo Shekel israeliano che in poco più di due settimane perde
l'1.9% del suo valore nei confronti del dollaro (4.3% nei confronti dell'euro) e chiude la settimana
con un valore pari a 3.563 Shekel per dollaro (4.148 Shekel per euro).
Continua la fase di rafforzamento della Corona norvegese che beneficia del recupero del prezzo del
petrolio delle ultime settimane. La valuta norvegese, infatti, da inizio luglio si è rafforzata del
4.4% nei confronti del dollaro (2.4% nei confronti dell'euro) chiudendo la settimana con un valore
pari a 8.015 corone per dollaro (9.332 corone per euro).
(Per monitorare molte altre valute accedi al tool "Tassi di Cambio")
Dinamica dei tassi di cambio verso il dollaro |
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