Decisioni nei processi di internazionalizzazione.
La scelta della modalità di entrata in un mercato estero è una decisione complessa che richiede competenze sia organizzative che di marketing.
Pubblicato da Luigi Bidoia. .
Pianificazione Bestpractice Internazionalizzazione Metodologie e Strumenti
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Il processo di internazionalizzazione per poter aver successo richiede una buona capacità aziendale di decisione. Gli ambiti di decisione più critici sono sostanzialmente tre: su quale mercato entrare, il marketing mix e le modalità di entrata. Nella letteratura specializzata, a volte si mette in risalto come questi tre processi decisionali siano tra loro interrelati, nel senso che la decisione presa in un ambito influenza tutti gli altri e viceversa. L'approccio interrelato porta tuttavia a dei modelli decisionali molto complessi, utili in ambito accademico, ma meno utili ai fini pratici aziendali. Molto più utile è un approccio sequenziale, in cui prima si sceglie il mercato su cui entrare, poi, dato il mercato scelto, il maketing mix ed, infine, dati mercato e marketing mix, si sceglie la modalità ottimale di entrata.
In questo articolo affronteremo il tema della modalità di entrata. Questa scelta è di natura strategica, nel senso che implica l'esecuzione di più azioni tra loro coordinate con effetti ritardati nel tempo. Richiede, quindi, la definizione condivisa di obiettivi, coerenti con la strategia aziendale, e un commitment sufficientemente elevato per superare l'attesa, non breve, affinchè i risultati diventino significativi.
Spesso la scelta della modalità di entrata si traduce nella scelta di una specifica strategia; ad esempio, la strategia di esportare tramite un agente estero, oppure quella di aprire una organizzazione stabile estera. L'individuazione di una specifica strategia è molto utile perchè consente di fare riferimento alle possibili best practice ad essa associate e quindi di avere un modello da cui partire per definire il proprio piano operativo. Ad esempio, se la strategia di entrata è quella di esportare tramite un agente, le best practice ad essa associate suggeriscono di definire chiaramente ciò che ci si aspetta dall'agente in termini di conoscenza e aggiornamento del mercato, ed avere chiaro che il ruolo di "sensore attivo" dell'impresa sul mercato può essere svolto meglio se l'agente è mono mandatario.
Dal punto di vista metodologico, tuttavia, è utile arrivare a scegliere la strategia di entrata non scegliendone una tra le tante (o poche) strategie che l'ambiente in cui si opera ha in qualche modo codificato, ma definendo gli aspetti cruciali che la strategia deve avere per poter risultare vincente. In questo caso un schema decisionale utile è quello di prendere in esame le aree critiche di attività e, per ciascuna area, valutare con quali risorse quest'area può essere coperta.
Aree critiche di attività
Dato per scontato che esportare comporta una specifica gestione dei rischi e la gestione della logistica in uscita, le aree critiche di attività, associate alle strategie di entrata su un mercato estero, sono sostanzialmente quattro:
- conoscenza del mercato (e relativo aggiornamento);
- promozione e comunicazione;
- negoziazione con interlocutore estero;
- post vendita.
Definire la strategia ottimale di entrata in un mercato significa, quindi, una volta stabilito il mercato su cui si vuole entrare e il marketing mix, definire con quale risorse si vuole operare su ciascuna delle aree sopra elencate.
Risorse coinvolte
La tipologia di risorse da prendere in esame è la seguente:
- risorse interne locali, che hanno una buona conoscenza dell'impresa ma potrebbero non avere tutte le competenze necessarie per presidiare l'area assegnata;
- risorse parzialmente interne, quali un Temporary Export Manager, che combinano la conoscenza dell'impresa con buone competenze tecniche;
- partner esteri con cui condividere gli obiettivi e a cui delegare il presidio di una o più aree critiche;
- risorse interne estere, quali un ufficio di rappresentanza, una stabile organizzazione oppure una impresa con propria personalità giuridica.
Naturalmente nella tipologia di partner possono essere inclusi soggetti con cui l'impresa ha relazioni molto diverse: da una trading company ad un distributore-importatore; da un franchisee ad un coventurer.
Combinazione tra aree critiche di azione e risorse coinvolte
Se l'impresa non vuole impegnarsi in nessuna delle quattro aree,
esistono due diverse tipologie di strategie possibili.
La prima consiste nel partecipare ad un consorzio per l'export oppure
ad una rete di impresa, delegando il consorzio e la rete
alla gestione delle attività di marketing.
La seconda tipologia consiste nello sviluppare una relazione con un
soggetto estero (quale una trading company o un importatore-distributore)
che si accolla l'onere di svolgere tutte le attività di marketing su quel mercato target.
In questo caso l'impresa si concentra sulla gestione dei rischi (principalmente quello relativo all'incasso) e della logistica in uscita. Sicuramente questa strategia ha costi contenuti, ma l'impresa rinuncia completamente a poter esercitare un qualche controllo sul mercato estero.
Una strategia simile alla prima, ma che consente un primo parziale controllo del mercato,
è quella di esportare tramite un agente estero.
Naturalmente se l'agente è plurimandatario il controllo è molto limitato;
esso aumenta se l'agente è monomandatario e soprattutto se opera senza rappresentanza,
creando le condizioni per una negoziazione diretta dell'impresa.
Il passo successivo di controllo del mercato può andare in due direzioni:
la prima è quella che vede l'impresa avviare una sua presenza autonoma sul mercato,
aprendo, ad esempio, un ufficio di rappresentanza;
la seconda è quella che vede l'impresa sviluppare relazioni di
partnership maggiormente articolate,
tramite, ad esempio, una joint-venture progettuale.