Sanzioni sull’Iran e pressioni sul Rial
Il clima di tensione innescato dalla minaccia delle sanzioni USA ha generato, ancora prima della loro imposizione, una crisi valutaria nella repubblica islamica.
Pubblicato da Alba Di Rosa. .
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Tra le dinamiche valutarie delle ultime settimane, un ruolo di particolare rilievo è ricoperto dall’andamento del
Rial iraniano. La recente dichiarazione
del presidente degli Stati Uniti di ritiro dall’accordo sul nucleare iraniano ha infatti scatenato particolare
pressione sulla valuta della repubblica islamica, accentuando la sua già marcata volatilità.
Può essere utile in questo contesto analizzare le determinanti e i meccanismi di trasmissione che governano il
cambio del Rial, per poter valutare il rischio ad esso associato.
Il grafico sopra riportato mostra come, dopo un periodo di prolungato ma “controllato” deprezzamento, il 10 aprile la valuta iraniana ha perso in un solo giorno oltre il 10% verso il dollaro. Nei giorni successivi, invece, il tasso di cambio “ufficiale” è rimasto costante.
Gli eventi
I fatti che negli ultimi mesi hanno scosso il Rial sono legati alle intenzioni di Trump di ritirare gli USA dal Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), firmato nel luglio 2015 dal suo predecessore insieme a Cina, Russia, Unione Europea e Iran. Con questo trattato i paesi firmatari si erano impegnati a rimuovere le sanzioni precedentemente imposte all’Iran in cambio della limitazione da parte di quest’ultimo del suo programma nucleare, accertato da progressivi controlli. Il ritiro di un paese firmatario dall’accordo comporta il ripristino, da parte di quest’ultimo, delle sanzioni precedentemente imposte all’Iran.
Le conseguenze
La minaccia americana di ripristino delle sanzioni ha reso più rischiosi molti progetti di investimento esteri in Iran, generando un potenziale flusso di capitali in uscita. Al tempo stesso i cittadini iraniani hanno iniziato ad acquistare dollari, nella speranza di conservare il potere d’acquisto del proprio denaro.
A fronte di questo crescente squilibrio la Central Bank of Iran (CBI) ha prima fissato il cambio a
42 mila Rial per dollaro (10 aprile 2018), e poi messo in campo vari interventi di
controllo dei movimenti di capitale.
Ad esempio da maggio chi abbandona il paese per via aerea può portare con sé fino a un
massimo di 5000 euro, limite che scende a 2000 nel caso di utilizzo di altre forme di trasporto.
La CBI sta inoltre cercando di rafforzare le relazioni commerciali con l’Asia,
di fronte all’imminente rischio di perdere importanti partner strategici a causa del ripristino delle sanzioni USA:
queste ultime, infatti, non impediranno soltanto alle aziende americane di condurre business in e con l’Iran,
ma potrebbero mettere a repentaglio anche le relazioni tra la repubblica islamica ed i suoi ulteriori partner
commerciali, tra i quali in prima fila si collocano i paesi europei.
All’interno del piano d’azione della banca centrale iraniana, l’elemento di incertezza riguarda la possibilità che
essa riesca effettivamente a stabilizzare il tasso di cambio a 42 mila rial per dollaro. Ciò sembra infatti
messo in dubbio dalle dinamiche osservate nel free market, laddove ad oggi 1 dollaro è quotato 62
mila Rial (fonte: Bonbast.com), sfondando ampiamente il
tetto fissato dalla CBI.
A ciò si accompagna un’inflazione significativa, pari al 10% nel 2017 secondo il Fondo Monetario
Internazionale, e confermata sullo stesso ordine di grandezza dalla Central Bank of Iran per i primi mesi del 2018.
Conclusioni
Le vicende iraniane mostrano quanto i rapporti internazionali influiscano sulla realtà economica interna dei paesi. Nonostante un PIL cresciuto quasi del 5% nell’ultimo anno e un saldo della bilancia commerciale positivo grazie alle ingenti esportazioni di petrolio, l’Iran sta attualmente affrontando una acuta crisi internazionale che, via cambio, potrebbe trasformarsi in crisi economica.