200 anni di commercio estero

Che cosa ci dicono i dati sul commercio estero dall’800 ad oggi.

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Grande Recessione Internazionalizzazione Il meglio dal Mondo

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Liberamente tratto da “ This trade data goes all the way back to 1800. Here's what it tells us"

La crescita apparentemente inarrestabile del commercio mondiale si è fermata nel 2007, interrompendo il processo di apertura dell'economia mondiale. L'attuale prospettiva di una guerra commerciale sta generando preoccupazioni per il futuro. Alcuni temono si possa ripetere una situazione come quella che ha portato alla Grande Depressione. Questi paralleli storici sono affascinanti, ma sono anche rischiosi. Non ci si dovrebbe avventurare in queste analisi senza sapere esattamente cosa è successo nel passato al commercio estero (Eichengreen e O'Rourken 2012). L’analisi delle dinamiche degli scambi mondiali è abbastanza consolidata per gli ultimi anni. Viceversa i dati relativi al periodo precedente al 1938 sono incompleti, obsoleti e, a volte, contengono errori. Per questo motivo, Giovanni Federico (Professor of Economic History, University of Pisa) e Antonio Tena-Junguito (Associate Professor in the Department of Social Science, Universidad Carlos III de Madrid) hanno avviato un progetto di ricerca sul commercio mondiale dal 1800 in poi. I loro risultati sono stati riportati in numerosi articoli (Federico e Tena-Juanquito 2017a, 2017b, 2018a). Una sintesi dei risultati è disponibile nell’articolo "The world trade historical Database" pubblicato su VoxEU.org e in alcuni articoli precedenti (Federico e Tena-Juanquito 2016a, 2016b).

In breve, quello che i due autori hanno scoperto è di seguito descritto.

Da Waterloo alla Grande Depressione

Il commercio è cresciuto molto velocemente in tutto il lungo 19° secolo, da Waterloo alla prima guerra mondiale. Ha quindi recuperato velocemente lo shock della prima guerra mondiale, per poi crollare di un terzo durante la Grande Depressione

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Il secondo dopoguerra

Il commercio è cresciuto a perdifiato nell'età dell'oro degli anni '50 e '60 e di nuovo, dopo il rallentamento dovuto alla crisi petrolifera, dalla metà degli anni '70 allo scoppio della Grande Recessione del 2007

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La fase attuale

L'effetto della Grande Recessione sulla crescita degli scambi è considerevole ma quasi trascurabile se confrontato con l'effetto congiunto delle due guerre mondiali e della Grande Depressione. Tuttavia, gli effetti potrebbero diventare sempre più comparabili se l'attuale ristagno del commercio dovesse continuare.

La corsa dell’Asia

La distribuzione delle esportazioni mondiali per continente e livello di sviluppo è rimasta piuttosto stabile fino alla prima guerra mondiale. Durante la Grande Depressione, l'Europa ha perso di più rispetto al resto del mondo, e i paesi periferici (e il Giappone) hanno guadagnato. Questi cambiamenti si sono in gran parte invertiti durante l'età dell'oro degli anni '50 e '60. Nel 1972, Europa e Stati Uniti rappresentavano ancora oltre la metà delle esportazioni mondiali. Da allora, i cambiamenti nelle quote mondiali sono stati ampi e, almeno finora, permanenti. La quota dell'Asia è salita da circa un sesto ad un terzo, a scapito di tutti gli altri continenti.

La seconda globalizzazione

Contrariamente a una visione ampiamente condivisa, l'attuale livello di apertura al commercio non ha precedenti nella storia. Il rapporto export/PIL (Prodotto Interno Lordo) nel 2007 (11,5%) è risultato molto più alto rispetto al picco precedente del 1913 (6,3% del PIL, per 36 paesi). La differenza risulta inoltre molto più grande se come denomintore si usa la somma del valore aggiunto agricolo e industriale. Il grado di apertura dell'economia mondiale al commercio estero è aumentato dal 1830 al 1870 (la prima vera fase di globalizzazione dell'economia mondiale) e di nuovo dalla metà degli anni '70 al 2007, mentre è rimasto sostanzialmente costante sia nei decenni della cosiddetta prima globalizzazione(1870-1913) che durante l'età dell'oro. Inutile dire che il grado di apertura è crollata durante la Grande Depressione, per poi risalire dalla metà del XIX secolo.

Composizione del commercio mondiale nella prima globalizzazione

La quota delle materie prime è diminuita passando da circa il 65% nel 1820 a poco più del 55% alla vigilia della prima guerra mondiale. Negli anni '20, la flessione è continuata, anche se molto lentamente, mentre la quota è rimbalzata dopo il 1929, ritornando ai livelli di inizio secolo. Questa dinamica è stata il risultato del cambiamento nella specializzazione degli Stati Uniti. Le materie prime rappresentavano i quattro quinti delle esportazioni americane prima della guerra civile e sono crollati ad un terzo alla vigilia della prima guerra mondiale e negli anni tra le due guerre.

La ricerca ha consentito di chiarire che nel corso della prima globalizzazione il commercio mondiale ha assunto una struttura più complessa rispetto ad un semplice modello di scambi verticali, in cui paesi poveri esportano solo materie prime verso i paesi ricchi e quest’ultimi vendono solo manufatti ai paesi poveri. Se infatti, le materie prime hanno rappresentato la maggior parte sia delle esportazioni di paesi poveri (in media l'86,1% dal 1850 al 1938) che delle importazioni di paesi ricchi (73,6%), le materie prime hanno anche rappresentano circa un terzo delle esportazioni dai paesi ricchi (38,0%) e poco meno della metà delle importazioni dei paesi poveri (45,5%).

Ovviamente, un'analisi basata solo sulla quota di materie prime del commercio mondiale graffia appena la superficie del problema. Sfortunatamente, approfondire questa analisi richiede un elevato sforzo di ricerca.