Il commercio mondiale di beni green
Analisi ed opportunità per le imprese UE offerte dall’espansione della green economy
Pubblicato da Luca Surace. .
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È ormai trascorso quasi un ventennio dalla
Conferenza Ministeriale del WTO che si è svolta a Doha
nel novembre 2001 in cui, oltre a sancire
l’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, fu introdotto per la prima volta un principio di fondamentale importanza,
di cui tuttavia si parlerà poco negli anni seguenti: i ministri presenti si impegnavano ad aprire una negoziazione per l’eliminazione di
tariffe e barriere non tariffarie per i cosiddetti “Enviromental Goods and Services”. Si tratta di beni e servizi che,
in qualche modo, contribuiscono positivamente ad una crescita sostenibile ed uno sviluppo rispettoso dell’ambiente.
In quest’articolo verrà analizzato il concetto di beni green nell’ambito del commercio internazionale, ripercorrendo le fasi di negoziazione
in ambito WTO. Verrà successivamente analizzato il commercio mondiale di questi beni, con particolare riferimento all’analisi dei mercati
a maggiore potenziale per le aziende UE. Al di là del possibile accordo, infatti, quello in esame è uno dei settori che nell’ultimo decennio
ha mostrato le migliori performance in termini di crescita. L’alto livello tecnologico dei beni in esame, inoltre, dovrebbe rappresentare
un’ulteriore fattore di attratività per le imprese europee.
Storia e definizione
Dalla breve descrizione data sopra si intuisce immediatamente come si presti a diverse interpretazioni: il principale ostacolo per la realizzazione dell’accordo fu (ed è tuttora) infatti la mancanza di una definizione universalmente accettata, da cui poter ricavare una lista ben precisa di beni e servizi sui quali aprire una negoziazione. Concentrandoci sui beni e quindi, ragionando in termini di Sistema Armonizzato1, due liste di prodotti furono adottate come punto di partenza per le discussioni:
- quella promossa dall’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation), che fu la prima organizzazione ad individuare nel 1997 la categoria “Enviromental Goods” nell’ambito di un progetto di liberalizzazione commerciale volontaria;
- quella promossa dall’OECD con fini illustrativi e di analisi.
Entrambe derivano da un lavoro congiunto OECD-EUROSTAT del 1995 mirato a definire delle linee guida per gli istituti statistici nazionali
nella misurazione dell’industria green. In tale lavoro quest’ultima veniva definita come “quelle attività che producono beni e servizi
per misurare, prevenire, limitare, minimizzare o correggere i danni ambientali dell'acqua, dell'aria e del suolo, nonché i problemi
relativi a rifiuti, rumore ed ecosistema. Ciò include tecnologie, prodotti e servizi più puliti che riducono il rischio ambientale e
riducono al minimo l'inquinamento e l'uso delle risorse.”
In ambito di proposte multilaterali, in cui un paese o un gruppo di paesi proponeva dei prodotti che riteneva dovessero essere considerati
green, si arrivò nel 2009 alla definizione informale di 153 codici doganali. Ciononostante, complice l’acuirsi della Grande Recessione,
i negoziati sperimentarono successivamente una fase di stallo, riprendendo vigore solo nel 2014 grazie all’impulso dei paesi APEC.
Nel 2012 infatti quest’ultimi raggiunsero un accordo per la definizione di un tetto del 5% per le tariffe di 54 beni entro il 2015,
proponendo in ambito WTO l’estensione dell’accordo anche a paesi non APEC. Dal luglio 2014, quindi, 46 paesi
(tra cui Australia, Canada, Cina, Stati Uniti e i paesi UE) sono impegnati nella negoziazione del c.d. Enviromental Goods
Agreement2.
Il commercio mondiale
Considerando i prodotti alla base dell’accordo APEC3 a e le auto elettriche, oggi il commercio mondiale di beni green vale circa 540 miliardi di € ed è cresciuto nell’ultimo ventennio di circa il +300% (+20% considerando gli ultimi 5 anni). Solo il 14%, ovvero circa 74 miliardi €, riguarda flussi intra-UE mentre fuori dai confini dell’Unione Europea il valore degli scambi ammonta ad oltre 324 miliardi €. Entrando nello specifico dei codici doganali, la treemap sotto riportata può aiutare ad analizzarne rilevanza, composizione e trend. Ogni rettangolo rappresenta una categoria di beni green e la sua grandezza è proporzionale al valore del commercio mondiale nel 2018. Cliccando su una categoria è possibile analizzare i singoli prodotti che la compongono. Il colore, infine, indica la variazione dei valori scambiati negli ultimi 5 anni.
Il commercio mondiale di Beni Green
Fonte: exportplanning.com
Emerge immediatamente come le categorie abbiano pesi molto diversi: poco meno della metà del valore totale dei prodotti considerati (circa 250 miliardi €) appartiene alla categoria Impianti di energia rinnovabile. Seguono:
- Strumenti di monitoraggio, analisi e valutazione ambientale, con circa 120 miliardi €;
- Gestione dei rifiuti solidi o pericolosi e sistemi di riciclaggio (79 miliardi €);
- Gestione delle acque reflue e trattamento delle acque potabili (43 miliardi €);
- Controllo dell'inquinamento atmosferico (34 miliardi €);
- Prodotti rispettosi dell'ambiente (11 miliardi €);
- Gestione del rischio ambientale (3.8 miliardi €).
Considerando la dinamica degli utlimi 5 anni, tutte le categorie registrano andamenti molto positivi ad eccezione di Gestione del rischio ambientale, che ha sperimentato una riduzione dei valori in euro del -22%. Spicca per intensità la crescita della categoria Prodotti rispettosi dell’ambiente che, sospinta dalla rivoluzione dell’auto elettrica (di cui si è parlato in quest'articolo), ha guadagnato negli ultimi 5 anni oltre 5 miliardi €, registrando un incremento del +210%. A livello di singoli prodotti, tuttavia, la dinamica appare più variegata, con molti beni appartenenti, ad esempio, alle categorie “Impianti di energia rinnovabile” e “Gestione dei rifiuti solidi o pericolosi e sistemi di riciclaggio” che hanno sperimentato variazioni negative.
Principali Mercati
Il Grafico interattivo presentato di seguito, mostra il commercio mondiale di beni green suddiviso per mercato:
- ogni bolla rappresenta uno specifico mercato;
- la grandezza di ciascuna bolla è proporzionale al valore delle importazioni nel 2018;
- i colori forniscono una misura della variazione negli ultimi 5 anni delle importazioni di ciascun mercato.
I mercati dei Beni Green
Fonte: exportplanning.com
Passa il mouse sulle bolle per analizzare i mercati, oppure cambia la visualizzazione cliccando sui seguenti pulsanti:
Da un primo sguardo (cliccando su "TUTTI I MERCATI") emergono chiaramente alcuni mercati di gran lunga più rilevanti:
circa il 30% delle importazioni di Beni Green sono concentrate negli Stati Uniti e in Cina che, con 103 miliardi di €
rappresenta di gran lunga il pricipale paese importatore. Seguono, con valori compresi tra i 30 e i 15
miliardi di €, Germania, Hong Kong, Messico, Giappone e Corea del Sud.
Passando alla visualizzazione "INTRA ED EXTRA UE" ci si rende immediatamente conto della grande differenza presente tra le
importazioni dei paesi UE e quelle extra-UE: nonostante appaiano in decisa crescita, le importazioni dei paesi UE di beni
green ammontano ad “appena” 125 miliardi €, ovvero meno del valore congiunto di Stati Uniti e Cina. Entrando ancor più nel
dettaglio, ovvero analizzando i mercati per area geografica (“MERCATI PER AREA”), il cluster Asia e Oceania appare come il
più significativo. Oltre ai già citati Cina, Hong Kong, Giappone e Corea del Sud numerosi altri mercati di questo gruppo presentano valori
importanti di acquisti dall’estero, oltre che ottime dinamiche di crescita: India, Singapore, Vietnam e Taiwan, tra tutti,
appaiono come i mercati a maggiore potenziale. Nelle Americhe, oltre agli Stati Uniti, anche Canada e Messico presentano
valori di importazione rilevanti, mentre tra i mercati significativi dell’Europa non UEM, solo la Russia mostra una dinamica
sfavorevole. Situazione molto variegata, invece, nell’area Africa e Medio Oriente, che mostra mercati in forte espansione
(Egitto, Nigeria, Iran, Israele, Marocco e Kuwait, tra i principali) ed altri con dinamiche meno
favorevoli (Arabia Saudita,
Emirati Arabi, Sud Africa).
Esportatori UE
Nonostante la leadership mondiale sia saldamente in mano alla Cina, con un valore complessivo delle vendite all’estero pari a 75 miliardi di €, dal lato dei paesi esportatori la competizione appare decisamente più bilanciata. L’Unione Europea esporta complessivamente 167 miliardi € di cui poco meno della metà, circa 74 miliardi € dentro i confini del Mercato Unico. Come mostra il grafico sotto riportato la Germania è di gran lunga il primo competitor UE (il secondo a livello mondiale), con un valore delle esportazioni nel 2018 pari a 64 miliardi di € ed una forte vocazione internazionale: circa il 60% delle vendite sono destinate a paesi extra-UE. Seguono, con circa 15 miliardi €, Regno Unito e Italia, che realizzano anch’essi oltre il 60% del proprio fatturato estero fuori dai confini UE. Superiori ai 10 miliardi, infine, anche le vendite di Francia e Olanda.
Esportatori UE di Beni Green
Fonte: exportplanning.com
Conclusioni
Dai dati analizzati è emersa la forte vivacità del mercato di beni green, sospinto in particolar modo dal mercato cinese e da quello statunitense. Le potenzialità per le imprese UE di un settore in forte espansione come questo, appaiono quindi enormi, anche alla luce dei negoziati in ambito WTO che mirano ad abbattere barriere tariffarie e non tariffarie. Contrariamente al luogo comune che vede un trade-off tra sviluppo sostenibile ed opportunità di business, il commercio mondiale di beni green rappresenta invece un'importante opportunità sia per le aziende UE che per le generazioni future.
1 Il Sistema Armonizzato (Harmonized System) è la classificazione internazionale standardizzata delle tariffe doganali, che classifica ogni singolo prodotto attraverso l'uso di un codice a 6 digits.
2 Per approfondire si veda la sezione dedicata del sito WTO.