Yuan cinese, temometro della guerra commerciale

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La nuova escalation della guerra commerciale si fa sentire sullo Yuan. Dall’inizio di maggio la valuta cinese ha perso quasi il 3% del suo valore rispetto al dollaro, come si può notare nel grafico di seguito, che mostra il tasso di cambio della valuta asiatica verso il biglietto verde negli ultimi 12 mesi. Al momento lo Yuan è ai minimi 2019.

tasso di cambio yuan cinese verso il dollaro

Nonostante negli ultimi mesi la prospettiva di un accordo sembrasse sempre più concreta, la guerra commerciale sta riservando nuovi colpi di scena, che lo Yuan continua a puntualmente a registrare. Dopo un primo significativo deprezzamento a partire da giugno 2018, quando sono stati annunciati i primi dazi USA sulla Cina, e una relativa stabilità alla fine dello scorso anno, tra dicembre e febbraio lo Yuan ha recuperato terreno, data la prospettiva apparentemente imminente di un accordo tra le due potenze.
Il recente indebolimento dello Yuan è riconducibile alle ultime battute della guerra commerciale in corso: risale infatti al 5 maggio l’annuncio di Trump dell’innalzamento delle tariffe, dal 10 al 25%, sui 200 miliardi di dollari di beni cinesi già colpiti dal provvedimento dello scorso settembre, e al 10 maggio la loro effettiva entrata in vigore. Il giorno successivo all’annuncio dell’amministrazione americana le borse cinesi sono crollate, e il 13 maggio la Cina ha annunciato la controffensiva tariffaria, che entrerà in vigore da giugno.

Il ruolo strategico di Yuan e treasuries

La domanda chiave a cui stanno cercando di dare risposta analisti e operatori economici è se la banca centrale cinese voglia usare la valuta come strumento di politica commerciale, per recuperare parte della competitività perduta con le tariffe. Voci vicine alla banca centrale cinese sostengono che la People’s Bank of China non lascerà deprezzare la valuta oltre i 7 Yuan per dollaro: un deprezzamento eccessivo potrebbe infatti danneggiare la fiducia degli investitori - tanto nazionali che internazionali - nello Yuan, nonché portare ad una fuga di capitali.
Inoltre, secondo gli analisti, non si arriverà ad usare la valuta come arma nella guerra commerciale fino a che ci sarà la possibilità di un accordo.

Ulteriore arma a disposizione del fronte cinese è il debito USA, del quale la Cina è il maggiore detentore straniero. Come si nota dal grafico, il debito detenuto dalla Cina è sceso nell’ultimo anno: a fine marzo 2019 ammontava a 1120.5 miliardi di dollari, in diminuzione di quasi 70 miliardi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Titoli di stato USA detenuti dalla Cina

Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati Dipartimento del Tesoro USA.
Titoli di stato USA detenuti dalla Cina

In questa situazione di rinnovata incertezza, nel panorama delle valute asiatiche in Asia vince invece lo Yen per il suo ruolo di valuta rifugio: da inizio maggio la valuta nipponica si è apprezzata di quasi il 2% rispetto al dollaro. Valute di paesi vicini hanno invece risentito negativamente delle tensioni sul fronte guerra commerciale, come il Won sudcoreano e la Rupia indonesiana che, da inizio maggio, si sono indebolite rispettivamente del 2.7% e dell’1.4% rispetto al biglietto verde.
Per la Corea, grande economia commerciale (6° maggiore esportatore mondiale nel 2018 secondo le prestime StudiaBo), la Cina è il primo partner commerciale; il sentiment di avversione al rischio causato dalla guerra commerciale, inevitabilmente, lo penalizza. A questo si aggiungono dati macro peggiori delle aspettative: il PIL del paese ha registrato una lieve contrazione dello 0.3% nel I trimestre 2019 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Situazione simile anche per l’Indonesia: la valuta sembra penalizzata non solo dalle tensioni sui mercati, ma anche dalla debolezza di alcuni dati macroeconomici interni.