Nuovo accordo Pakistan-FMI: cambio flessibile e risanamento economico
Pubblicato da Alba Di Rosa. .
Cambio Rischio cambio Banche centrali FMI Tassi di cambio
Accedi con il tuo account per utilizzare le funzioni stampa migliorata (pretty print) e includi articolo (embed).
Non sei ancora registrato?
registrati!
Nelle ultime settimane il Pakistan è tornato al centro dell’attenzione mediatica. Il 12 maggio, infatti, il paese ha raggiunto un accordo con il Fondo Monetario Internazionale per un prestito di circa 6 miliardi di dollari, da erogarsi in poco più di 3 anni. Il prestito sarà di supporto al Pakistan nel portare avanti un’agenda di riforme strutturali, volte ad aiutare il paese a risolvere i suoi squilibri macroeconomici e stimolare la crescita.
Il nuovo governo, guidato da Imran Khan, non avrebbe voluto ricorrere all’ennesimo prestito da parte del Fondo (il 13esimo negli ultimi tre decenni). Negli ultimi mesi sono quindi stati concordati prestiti da parte di “paesi amici”, come Cina, Emirati Arabi e Arabia Saudita, ognuno dei quali ha erogato al Pakistan 3 miliardi di dollari. Ciononostante, tali fondi non sono comunque stati sufficienti per finanziare il deficit delle partite correnti: dopo lunghe trattative, il paese medio-orientale ha quindi concluso un accordo con il prestatore di ultima istanza.
I punti critici
Le difficoltà che pesano sull’economia pakistana riguardano innanzitutto la bilancia commerciale, fortemente in deficit.
Come si può notare dal grafico, si tratta di un problema di lungo periodo; è, tuttavia, dal 2016 che si nota un significativo peggioramento. La maggiore componente che genera deficit è il saldo merci, nonostante il contributo positivo delle rimessi degli emigrati.
Negli ultimi due trimestri del 2018 si nota un lieve miglioramento rispetto al punto di minimo raggiunto nel Q2-2018. Tale miglioramento non è però dovuto ad un aumento nell’export, quanto ad una riduzione delle importazioni; da segnalare, inoltre, un aumento nei trasferimenti.
La necessità di finanziare il deficit del conto corrente ha portato alla progressiva erosione delle riserve di valuta estera, che sono arrivate attualmente a coprire soli 3 mesi di importazioni (pari a 8.8 miliardi di dollari a metà maggio).
Cambio flessibile per la Rupia
Le difficoltà economiche del paese si notano anche guardando alla sua valuta, la Rupia: da fine dicembre 2017 il cambio ha registrato 6 crolli, che possono essere letti come svalutazioni da parte della banca centrale. L’ultimo crollo si è verificato nella seconda metà di maggio, dopo la conclusione dell’accordo con il FMI. Da metà maggio ad oggi la valuta ha perso più del 7% del suo valore verso il dollaro.
La svalutazione risulta parte integrante di un processo volto a sanare gli squilibri macroeconomici del paese; secondo molti analisti la valuta risulta infatti sopravvalutata.
Il regime di tassi di cambio in vigore in Pakistan precedentemente all’accordo con il Fondo Monetario era di fatto un managed float, ovvero un ibrido tra un sistema di cambi fissi e un sistema fluttuante, in cui la banca centrale interveniva in modo più o meno palese per governare l’andamento del cambio. Ora, al contrario, uno dei pilastri dell’accordo è che il tasso di cambio della Rupia debba essere market-determined, in modo da riflettere il vero valore della valuta, così come risultante dai meccanismi di domanda-offerta.
Rimanendo nell’ambito della politica monetaria, ulteriore recente mossa della State Bank of Pakistan è stata quella di alzare i tassi, a partire dal 21 maggio, di 150 punti base. Questi risultano ad oggi pari al 12.25%, scelta innanzitutto motivata dalla volontà di evitare eccessive pressioni inflazionistiche. In linea con le progressive svalutazioni, l’inflazione ha infatti accelerato negli ultimi mesi: se un anno fa il CPI tendenziale viaggiava attorno al 5%, a marzo 2019 si è toccato un massimo di 9.4 punti percentuali. Lieve rallentamento ad aprile, quando i prezzi sono cresciuti dell’8.8%.
Il controllo dell’inflazione risulta quindi necessario, anche nell’ottica di tutelare le fasce più deboli della popolazione, che saranno sicuramente in prima linea nel percepire gli effetti della nuova politica di risanamento concordata con il Fondo.