Protezionismo e debolezza dell’economia mondiale: evidenze dal commercio internazionale
CPB e ExportPlanning certificano una nuova diminuzione della domanda mondiale
Pubblicato da Marzia Moccia. .
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L’attuale congiuntura internazionale si caratterizza per una significativa debolezza dell’economia mondiale. Uno degli indicatori chiave della prestazione economica è il Purchasing Managers’ Index (PMI) che sintetizza le prospettive in merito ai livelli di attività industriali sulla base delle dichiarazioni di acquisto delle imprese. Come si evidenzia dal grafico che segue, il PMI dell’industria manifatturiera mondiale ha accusato una graduale diminuzione nel corso del 2018, scendendo al di sotto della soglia di 50 negli ultimi mesi. È questo il segnale di un fase di rallentamento significativo, dal momento che indica che la maggior parte dei direttori degli acquisti intervistati ha espresso prospettive ribassiste in merito ai livelli dell’attività produttiva.
Fonte: Pricepedia
Stabilire quanto dell’attuale rallentamento sia imputabile alla guerra commerciale Usa-Cina o, più in generale, alle tendenze protezionistiche dell’amministrazione Trump, non è affatto banale, ma sicuramente la trade war ha esercitato un’influenza significativa sul meccanismo di creazione delle aspettative degli operatori economici internazionali. La lista delle minacce e delle azioni compiute dall’amministrazione Trump è infatti particolarmente lunga e ha inizio proprio nei primi mesi del 2018, quando, dopo l’imposizione di tariffe su pannelli solari e lavatrici, l’amministrazione americana ha iniziato a colpire acciaio e alluminio. Le minacce nei confronti di Messico e Canada per il rinnovo dell’accordo commerciale NAFTA insieme alle azioni nei confronti della Cina hanno rappresentato due ulteriori sviluppi del cammino protezionistico americano, fino ad arrivare al capitolo aperto nei confronti dell’UE.
Sotto questa bordata di eventi, le aspettative delle imprese hanno accusato una significativa riduzione, ma quali effetti si sono avuti sul fronte del commercio internazionale?
Gli effetti sul commercio internazionale
Fonte: ExportPlanning
Dalla seconda metà del 2018 la crescita dei flussi commerciali internazionali ha conosciuto una dinamica discendente, che ha lasciato spazio ad una contrazione degli scambi mondiali – misurati in dollari correnti – dall’inizio del 2019.
Come segnalato dall’indice CPB e dall’indice ExportPlanning, la variazione tendenziale degli scambi mondiali in dollari è infatti entrata in territorio negativo sin dai primi mesi del 2019, a seguito di un graduale rallentamento visibile dalla seconda parte dello scorso anno, con l’intensificarsi della guerra commerciale Usa-Cina.
Tuttavia, il valore degli indici considerati riflette non solo la dinamica della variazione in termini di volume degli scambi mondiali, ma anche gli effetti delle modificazione dei prezzi e dei cambi, particolarmente evidente per i valori assunti dall’indice nel corso del 2015-2016, quando il dollaro ha sperimentato una fase di apprezzamento.
Per estrarre da questo indicatore la componente che misura solo gli scambi reali, è necessario deflazionarlo con un indice dei prezzi in dollari. Per effettuare questa deflazione esistono varie metodologie.
Il CPB deflaziona gli scambi in dollari totali di un paese con un indice di prezzo ottenuto considerando i tassi di cambio delle diverse valute e l’inflazione nei vari paesi, ricavata dalle indagini sui prezzi al consumo, all’ingrosso e alla produzione. ExportPlanning deflaziona gli scambi mondiali a livello di singolo codice Harmonized System (oltre 5000 codici prodotto) utilizzando il relativo valore medio unitario e poi riaggregando il tutto a livello mondiale.
Il grafico che segue riporta la dinamica delle domanda mondiale a prezzi costanti calcolata da CPB e da ExportPlanning (il dato del 2019 è calcolato sulla base dei primi 7 mesi dell’anno). Le due misurazioni, pur essendo frutto di metodologie diverse, sono tra loro molto simili e portano a considerarle attendibili in termini di capacità di misurazione della dinamica degli scambi mondiali reali.
Fonte: ExportPlanning
In termini di volume, risulta evidente come il commercio mondiale sia entrato in una fase di crescita sostanzialmente nulla, se non di contrazione. La dinamica risulta particolarmente negativa soprattutto paragonata alla crescita sperimentata nel corso del 2017 e del 2018. Sebbene la contrazione non risulti di elevata entità, nel corso di questo secolo il commercio mondiale si è collocato in territorio negativo solo durante la Grande Recessione nel 2009 e lo scoppio della bolla dot-com nel 2001.
Conclusioni
La debolezza che caratterizza l’attuale congiuntura economica sembra essere profondamente legata alla dinamica stagnante del commercio internazionale, causata dalla virata protezionistica dell’amministrazione americana.
In un mondo sempre più globalizzato, con catene del valore internazionalmente integrate, un colpo al commercio internazionale si è di fatto materializzato in una minaccia significativa per i livelli produttivi internazionali. Gli scambi commerciali sembrano rappresentare, infatti, uno dei principali motori della crescita dell’economia mondiale, il cui venir meno sposta il peso della crescita sul settore dei servizi, che sembra mostrare un grado di resilienza maggiore all’attuale congiuntura economica rispetto alla debolezza dell’industria manifatturiera. La presenza di politiche fiscali volte a mantenere l’economia mondiale su un sentiero di crescita si fa sempre più rilevante, al fine di amplificare gli effetti delle politiche monetarie, che, altrimenti, rischierebbero di avere un'efficacia limitata.
Sulla base dello scenario di previsione del Fondo Monetario Internazionale, per il 2019 si stima una crescita mondiale – misurata aggregando i valori dei diversi paesi misurati in $ – prossima al 2.5%, la quale dovrebbe subire una lieve accelerazione nei prossimi anni, mantenendosi all’interno del range 2.5%-3.0%. L’ipotesi di tale scenario, tuttavia, presuppone necessariamente che l’amministrazione Trump inizi a prendere atto che la guerra commerciale non stia dando frutti significativi in termini di riequilibrio della bilancia commerciale USA e si accontenti dei danni già fatti.