Il rallentamento della crescita indiana
Con la minor crescita emergono i tanti elementi di fragilità dell’economia indiana.
Pubblicato da Alba Di Rosa. .
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Nel nostro consueto focus valutario, ci concentriamo questa settimana sull’India. Lo scorso 7 novembre l’agenzia di rating Moody’s ha cambiato il suo outlook sul rating sovrano del paese da stabile a negativo, cambiamento che avvicina la possibilità di un vero e proprio taglio del rating, dall’attuale Baa2 a Baa3 (ultimo gradino prima del livello junk).
La notizia ha avuto un impatto negativo sulla valuta, la rupia, che dal 7 novembre ad oggi ha perso l’1.2% del suo valore rispetto al dollaro. Nella giornata del 13 novembre è stata superata la soglia delle 72 rupie per dollaro, arrivando quasi a toccare i valori di massimo deprezzamento 2019, raggiunti all’inizio di settembre.
Si osserva una ripresa negli ultimi giorni, legata principalmente a news favorevoli sul fronte inflazione interna di ottobre (superiore alle attese) e guerra commerciale (recenti dichiarazioni del Segretario USA al Commercio Ross, in merito all'elevata probabilità del raggiungimento di un accordo con la Cina).
Le cause della decisione dell’agenzia di rating riguardano principalmente preoccupazioni in merito alla crescita economica del paese, che Moody’s teme possa trovarsi in una consolidata fase di rallentamento rispetto al passato. Nel primo trimestre dell’anno fiscale 2019-20 il PIL indiano è cresciuto di un “modesto” 5%, segnando un rallentamento per il quinto trimestre consecutivo. Simili tassi di crescita risultano contenuti per un paese come l’India, considerando i ritmi di sviluppo mostrati negli ultimi anni.
Secondo l’agenzia di rating, le preoccupazioni in merito alla crescita riflettono in parte la scarsa efficacia dell’azione governativa nell’affrontare e correggere le debolezze strutturali del paese, tanto a livello economico che istituzionale, rischiando di aggravare la situazione del debito pubblico.
Ulteriore elemento di debolezza è identificato nel settore finanziario, gravato dai non-performing loans (NPL), dalla difficoltà delle non-bank financial institutions (NBFI) nell’erogare credito, ma anche da un’eccessiva presenza del settore pubblico.
Pesa inoltre sulla crescita la sostanziale debolezza della domanda interna, in linea con quanto osservato ad agosto.
Il cambiamento di outlook sicuramente costituisce un campanello di allarme per il governo Modi, segnalando la necessità di misure di sostegno all’economia. Anche la banca centrale indiana (Reserve Bank of India) ha riconosciuto l’attuale fase di rallentamento: nel 2019 ha già tagliato il tasso d’interesse di riferimento 5 volte; ad ottobre, nell’ultima riunione di politica monetaria, è stato portato dal 5.4 al 5.15%.
Dal canto suo, il governo ha risposto al rallentamento della crescita con misure mirate a stimolare la domanda interna, evidentemente ritenute insufficienti da Moody’s. Tali misure hanno riguardato il supporto ai contadini e alle famiglie a basso reddito, il supporto alle industry in difficoltà e al settore delle NBFI, ed una riduzione nell’imposta sul reddito delle società dal 30 al 22%.