La frenata del baht thailandese
Tra timori per la competitività dell’economia e effetti dell’epidemia cinese
Pubblicato da Alba Di Rosa. .
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Tra le notizie della settimana in tema valutario, una delle più rilevanti è quella del grande dietrofront del baht thailandese. Dopo un apprezzamento continuativo dall’inizio del 2016 – che ha portato la valuta a rafforzarsi del 23% in termini effettivi nell’arco 4 anni – il baht ha registrato un rilevante deprezzamento dall’inizio di gennaio: -5.3% in termini effettivi, come si può notare dal grafico di seguito.
L'indebolimento del baht può essere letto come effetto dell'azione congiunta di fattori domestici ed internazionali.
Baht thailandese: una forza da arginare
Come abbiamo già raccontato in precedenti articoli, il trend di lungo periodo di apprezzamento del baht è sostenuto dalla presenza di un saldo delle partite correnti positivo, in particolare grazie all’industria del turismo; conferisce, inoltre, solidità l’elevato ammontare di riserve di valuta estera (214 miliardi di dollari a novembre, secondo dati ExportPlanning) detenuto dalla Bank of Thailand (BoT), tanto da portare gli investitori a considerare la valuta thailandese un nuovo safe haven.
All’inizio dello scorso anno avevamo incoronato il baht come valuta best performer del 2018 nell’area del sud-est asiatico, con un apprezzamento in termini effettivi del 3.6%. Nel 2019 la valuta ha confermato tale ruolo, con un apprezzamento addirittura maggiore (+7.3%).
Come ben noto, una valuta troppo forte penalizza, però, la competitività del paese, e negli ultimi mesi le istituzioni hanno cominciato a percepire con urgenza questo tema, anche a fronte di una situazione economica di rallentamento (in termini di PIL) e contrazione (in termini di esportazioni) nel corso del 2019.
Thailandia: Principali indicatori economici,
variazione tendenziale (2018Q1-2019Q3)
Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati NESDC.
Già a novembre la Bank of Thailand ha quindi introdotto misure volte a “combattere” la forza del baht: riduzione del tasso d’interesse di riferimento, dall’1.5% all’1.25%, e ammorbidimento nelle regolamentazioni, al fine di agevolare l’uscita di capitali.
Nel Monetary Policy Report rilasciato a inizio gennaio, la BoT ha rinnovato la sua preoccupazione per la forza del baht e dichiarato che saranno introdotte anche altre misure, qualora necessario. Il ministro delle finanze ha esternato la sua volontà di collaborazione, in termini di politica fiscale, per la gestione della forza del baht.
Risulta quindi ormai significativa la volontà politica di evitare un eccessivo apprezzamento.
L’effetto Coronavirus
All’operato dei policy-makers nazionali si è aggiunta, nell’ultima settimana, l’emergenza Coronavirus. Il recente indebolimento del baht si spiega, infatti, anche con il clima di panico che si sta diffondendo sui mercati finanziari in relazione all’epidemia cinese.
Per la Thailandia, in particolar modo, l’epidemia costituisce un evidente fattore di rischio, poiché mette a repentaglio l’industria del turismo, risorsa chiave dell’economia nazionale. Non solo quindi la Thailandia rischia di vedere, almeno nella prima parte del 2020, una riduzione dei turisti internazionali, intimoriti dall’epidemia asiatica, ma soprattutto una riduzione dei turisti cinesi - a causa dell’attuale restrizione dei trasporti da e per la Cina - dai quali provengono ¼ del totale dei proventi turistici thailandesi (fonte: ING).
La Cina costituisce anche il primo mercato di sbocco per le esportazioni della Thailandia, quindi un suo rallentamento economico, dovuto allo stato di emergenza sanitaria, potrebbe ripercuotersi anche sui flussi commerciali.
La Thailandia non è però la sola a registrare l’impatto negativo di questo clima. Anche le altre maggiori borse mondiali nell’ultima settimana hanno registrato generali contrazioni, mentre il Vix (“l’indice della paura”), ha raggiunto il 27 gennaio i suoi massimi da inizio ottobre.
Sui mercati valutari si nota inoltre un generale apprezzamento delle valute rifugio (yen, dollaro, franco svizzero), elemento che mostra un aumento della risk aversion degli investitori.
Anche il prezzo del petrolio ha accusato il colpo, registrando un ribasso legato ai timori delle conseguenze economiche dell’epidemia, che potranno impattare anche sulla domanda mondiale di materie prime.