Commercio mondiale 2020: previsioni per industry
Cosa è possibile apprendere dalla crisi del 2009 nell’analisi degli scenari del commercio mondiale per l’anno in corso?
Pubblicato da Luigi Bidoia. .
Grande Recessione Internazionalizzazione Domanda mondiale Previsioni Incertezza Politica economica Congiuntura Internazionale
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Nell’analisi delle ripercussioni sul commercio mondiale dell’attuale crisi economica, scatenata dall’epidemia di Covid-19, può essere utile un confronto con l’ultima grande crisi che l’economia mondiale ha affrontato, quella del 2009, che ha portato al cosiddetto “Great Trade Collapse”. In questo articolo porremo quindi a confronto la previsione ExportPlanning per le dinamiche di commercio estero nel biennio 2020-2021 con la dinamica storica dei flussi commerciali internazionali osservata nell’arco del periodo 2009-2010.
Le due crisi: natura e caratteristiche
Nella crisi del 2009-2010 il commercio estero subì un drammatico crollo nel primo anno (-23% in dollari) per poi rimbalzare nel secondo (+20.5%), tendenza che si prevede possa ripetersi nel biennio in corso. I fattori alla base delle due crisi risultano però profondamente diversi.
Dieci anni fa, la crisi partì dai mercati finanziari. Con l’annuncio il 15 settembre 2008 dell’intenzione della Lehman Brothers di avvalersi del Chapter 11 del Bankruptcy Code statunitense, emerse il grado di opacità che caratterizzava le relazioni all’interno del sistema finanziario mondiale, generando un clima di profonda sfiducia reciproca tra i diversi operatori finanziari. Nel giro di pochi giorni, tutte le operazioni che richiedevano un rapporto di fiducia tra operatori bancari divennero di fatto impossibili, comprese le transazioni internazionali basate su lettere di credito. Già nel IV trimestre 2008 il commercio mondiale crollò del 21% rispetto al periodo precedente, a cui si aggiunse un altro 20.6% nel I trimestre 2009, provocando una voragine. Nel II trimestre 2009 il commercio mondiale rimase sui bassi livelli raggiunti e solo con l’estate iniziò la sua fase di recupero. Gli scambi internazionali e la crescente incertezza furono il canale attraverso cui più velocemente la crisi originata sui mercati finanziari si trasferì sui mercati reali, trasformando la crisi finanziaria in una crisi di domanda.
La crisi del 2020 origina dallo shock, sia dal lato della domanda che dell’offerta, causato dalle misure restrittive adottate dai governi di numerosi paesi del mondo per contenere la diffusione dell’epidemia di Covid-19. In questo caso gli scambi internazionali costituiscono il canale attraverso cui gli effetti dello shock potranno propagarsi tra i diversi paesi, aggravando con spillover negativi una crisi già scaturita a livello interno. Non a caso l’Organizzazione Mondiale del Commercio prevede che soffriranno gli effetti più forti della crisi i settori organizzati in complesse catene del valore internazionali.
Per quanto riguarda l’intensità della caduta degli scambi, mentre nell’attuale crisi questa risulterà probabilmente proporzionale al crollo dei livelli di attività e reddito dei diversi paesi, nel 2009 il loro crollo fu più che proporzionale rispetto alla caduta del prodotto interno lordo, proprio perché gli scambi commerciali rappresentarono uno dei canali attraverso cui lo shock sui mercati finanziari influenzò la caduta dei mercati reali. L’incertezza causata dalla crisi finanziaria influenzò infatti negativamente la domanda di famiglie e imprese, soprattutto per beni durevoli legati a complesse catene del valore, riducendo notevolmente gli scambi internazionali, il tutto aggravato dai citati problemi di fiducia tra gli operatori bancari che non supportarono il commercio estero.
Altre differenze che si notano tra le due crisi riguardano la reazione del dollaro e dei prezzi delle commodity. Il biglietto verde, valuta rifugio per eccellenza nei momenti di crisi, registrò un apprezzamento superiore al 12% in termini effettivi nei 6 mesi a cavallo tra il 2008 e il 2009; in questa crisi, invece, l’apprezzamento risulta inferiore (+8.7%) e concentrato in un periodo più ristretto, ovvero la fase iniziale della crisi, indicativamente tra gli ultimi giorni di febbraio e la fine di marzo, quando il panico per l’espansione del Covid su scala globale ha portato gli investitori ad una fuga di massa dagli asset degli emergenti; allo stato attuale, il dollaro sembra aver raggiunto una relativa stabilizzazione.
Per quanto riguarda i prezzi delle materie prime, escludendo gli energetici, nel 2008-09 la caduta è stata pari al 33% in dollari tra settembre 2008 e aprile 2009, mentre nella crisi attuale la caduta è limitata, per il momento, al 4%, tra febbraio e aprile 2020. L’effetto maggiore riscontrato nel primo caso può essere dovuto all’azione combinata di credit crunch e crollo della domanda, mentre nella crisi attuale l’unico fattore in gioco è quello del crollo dal lato della domanda.
Un elemento che invece accomuna le due crisi, e che ha gravato e graverà sul commercio estero in questi mesi, è l’aumento delle misure protezionistiche adottate da vari paesi coinvolti nell’emergenza sanitaria, al fine di proteggere beni ritenuti essenziali, come i beni alimentari ed i dispositivi medici.
2020 vs 2009: dati a confronto
Avendo delineato le caratteristiche delle due crisi, è possibile confrontare con maggiore consapevolezza le relative cadute (storica per il 2009, prevista per il 2020) in termini di commercio internazionale, come si evince dal grafico che segue che mostra i relativi tassi di variazione per settore industriale. L'asse delle ascisse riporta il tasso di variazione del commercio internazionale nel 2009, mentre l'asse delle ordinate il tasso di variazione previsto per il 2020.
Posizionandosi con il mouse sopra i diversi cerchi è possibile visualizzare una tabella che riporta i dati relativi al cerchio selezionato.
In termini di variazione del commercio estero delle diverse industrie, si nota come il 2020 riproduca la stessa struttura nel 2009, con tassi di flessione mediamente minori. In termini di ordinamento, flettono meno i beni di consumo, quindi i beni intermedi e i beni di investimento (che riflettono molto le aspettative delle imprese), quindi le materie prime, i cui valori risentono anche della flessione dei prezzi.
Tra i beni di consumo, spiccano i Prodotti e Strumenti per la Salute come unico settore a mostrare una variazione positiva del commercio mondiale, nel 2020 (+0.9%) come nel 2009 (+2%). Rispetto all’andamento degli altri settori, risulta relativamente modesta la flessione del commercio estero prevista per i Prodotti Finiti di Largo Consumo (-4%), tra i beni che stanno risentendo meno del calo della domanda durante l’attuale emergenza sanitaria; contrazione sempre relativamente modesta per Alimentari Confezionati e Bevande (-6.3% nel 2020), a fronte di una contrazione più decisa nel 2009, superiore ai 10 punti percentuali. Si prevede per l’anno in corso una caduta prossima all’8% per il settore dei Prodotti Finiti per la Persona, valore che sale al -11% nel caso dei Prodotti Finiti per la Casa, che comprende principalmente beni durevoli. Il sistema casa risulta quindi il comparto più penalizzato tra i beni di consumo.
Tra i beni di investimento, l’industria dei Mezzi di Trasporto e per l’Agricoltura è quella che si prevede possa registrare l’impatto maggiore della crisi Covid, con una contrazione prevista del commercio internazionale pari al 23.5% per il 2020. La contrazione prevista per questo settore supera di pochi punti percentuali quella attesa per le materie prime, settore nel quale alla riduzione dei volumi si unisce il fattore del calo dei prezzi. I settori degli Strumenti e delle Attrezzature per l’Industria, per l’ICT e i servizi, insieme a quelli dell’Impiantistica Industriale e dell’Elettrotecnica, registrano invece la caduta comparativamente minore nell’ambito dei beni d’investimento, con contrazioni attese che in ogni caso superano il 10%.
2021 vs 2010: il cammino della ripresa
Posizionandosi con il mouse sopra i diversi cerchi è possibile visualizzare una tabella che riporta i dati relativi al cerchio selezionato.
Il rimbalzo previsto per il 2021 mostra, per quasi tutti i settori, un tasso di crescita in termini percentuali minore rispetto a quanto osservato nel 2010, questione matematicamente riconducibile al minore crollo previsto per il 2020 rispetto a quello osservato nel 2009.
La ripresa del 2021 vede crescere maggiormente, in termini percentuali, i settori più penalizzati nel 2020, quali le materie prime e i Mezzi di Trasporto e per l’Agricoltura, con tassi di crescita prossimi al 15%; tali elevati ritmi di crescita non riusciranno, però, a compensare la forte caduta registrata l’anno precedente, spostando verso il basso la loro traiettoria di crescita.
Tra i beni di consumo, si prevede un recupero prossimo al 10% per i Prodotti Finiti per la Casa, insufficiente tuttavia per recuperare completamente la flessione del 2020.
Si prevede una crescita superiore al 9% per i beni alimentari, prossimo all’8% per i Prodotti Finiti di Largo Consumo; secondo le previsioni, tali categorie recupererebbero pienamente la caduta del 2020. Continueranno invece il loro cammino di crescita i prodotti per la salute, in netta accelerazione rispetto all’anno precedente.
Conclusioni
Per concludere, da questo confronto è possibile trarre alcuni spunti di riflessione.
Si è innanzitutto chiarito come le due crisi risultino differenti in termini di origine. Contrariamente alla crisi del 2009, quella attuale è legata ad un fattore esterno al sistema economico: se rimosso con una terapia risolutiva o un vaccino, il rebound potrebbe essere più rapido di quello osservato nel 2009; al contrario, se l’incertezza fosse protratta, si rischierebbe un danno strutturale al tessuto economico, soprattutto per il comparto servizi, spingendo molte imprese fuori dal mercato.
Il generale consenso è che la crisi sarà concentrata nei primi 2 trimestri e che già nella seconda metà dell’anno avrà avvio la ripresa; su questa ipotesi sono basate la maggior parte delle previsioni per l’andamento del commercio internazionale nel 2020. Tale scenario non tiene però in considerazione il rischio di seconde ondate, che risulta concreto.
Le stime sugli effetti della crisi sul commercio internazionale danno segnali analoghi a quelli del 2009, poiché entrambe le crisi hanno generato incertezza e ridotto la domanda. Ora come allora, risulta quindi fondamentale non erigere barriere al commercio estero, che potrebbero esasperare la sua contrazione.
Una grande differenza rispetto al passato, che sta aiutando i paesi a sopportare la crisi, è però la significativa e tempestiva azione delle banche centrali, che si sono fin da subito impegnate, in molti paesi del mondo, in programmi di politica monetaria espansiva e di alleggerimento quantitativo. Almeno sotto questo punto di vista potremmo aver appreso la lezione della scorsa crisi e non ripetere gli stessi errori.