Thailandia: il dietrofront del baht e la resilienza dell’economia
Pubblicato da Alba Di Rosa. .
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Nelle ultime settimane abbiamo affrontato il tema dell’impatto dell’epidemia di Covid-19 su diverse valute dei paesi emergenti, riscontrando la questione ricorrente della presenza di debolezze economiche strutturali che, sommate all’effetto della crisi sanitaria, sono andate ad aggravare l’outlook delle economie e delle valute, generando per queste ultime indebolimenti anche consistenti. Si rimanda ai casi di Brasile, Messico, Sudafrica e Turchia.
Questa settimana ci spostiamo invece nel Sud-Est Asiatico, laddove uno dei case study di maggiore interesse è sicuramente quello del baht thailandese. Il baht ha fatto parlare di sé negli ultimi anni per il suo significativo trend di rafforzamento, che ha avuto inizio indicativamente dal 2017, come si nota nel grafico di seguito che riporta il cambio bilaterale col dollaro. Tra l’inizio del 2017 e la fine del 2019 la valuta thailandese si è rafforzata di circa il 14% rispetto al dollaro, tanto da arrivare ad essere considerata un nuovo safe-haven, ma anche a preoccupare i policy makers nazionali per la possibilità di perdere competitività sui mercati esteri.
L’avvento dell’epidemia ha rappresentato un game changer per il baht, che in soli 3 mesi ha perso quasi il 10% del suo valore rispetto al dollaro, raggiungendo i massimi di 33.02 baht per dollaro a inizio aprile. In seguito a ciò, con un parziale allentamento delle tensioni sui mercati finanziari, il baht ha parzialmente recuperato terreno (+2.8%), rimanendo comunque lontano dai dai livelli di fine del 2019.
Il crollo del turismo penalizza la valuta
La valuta thailandese è stata una delle prime ad essere colpita dal panico dei mercati finanziari data la vicinanza con la Cina e poi, quando l’epidemia si è trasformata in pandemia, è rimasta intrappolata nel clima di sell-off che ha colpito la generalità degli asset dei paesi emergenti. Un vero e proprio rovescio di fortuna per la valuta, poiché la pandemia mette a repentaglio parte dei fattori chiave che l’hanno sostenuta in questi anni, tra cui un saldo delle partite correnti positivo, in particolare grazie alla fiorente industria turistica. I dati della bilancia dei pagamenti rilasciati dalla Central Bank of Thailand per i primi 3 mesi dell’anno cominciano a confermare tali paure, come si può notare dal grafico di seguito.
Saldo della partite correnti Thailandia
Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati Central Bank of Thailand.
Il grafico qui riportato, che mostra il saldo beni e il saldo servizi della bilancia dei pagamenti thailandese, indica come il surplus dal lato dei servizi abbia cominciato ad erodersi già da febbraio, quando è entrato in territorio negativo, tendenza poi ulteriormente accentuatasi a marzo. Dal lato del saldo beni si nota invece una performance particolarmente favorevole a febbraio, dovuta sì ad un lieve aumento in termini di export ma principalmente ad una contrazione dal lato dell’import. Secondo buona parte degli analisti, un export ancora in crescita nei primi mesi dell’anno sarebbe comunque un fenomeno transitorio, dovuto ad una concentrazione delle spedizioni prima del lockdown delle attività produttive, che in Thailandia è cominciato a fine marzo.
Per i prossimi mesi ci si attende invece l’avvio di una fase di maggiore debolezza per l’export thailandese, legata alla debolezza delle domanda mondiale in questa fase congiunturale, oltre che una prosecuzione della debolezza del comparto servizi, essendo la ripresa del turismo legata a doppio filo all’evoluzione dell’epidemia a livello mondiale.
Dati i fattori descritti, a cui si unisce l’inevitabile rallentamento dell’attività economica interna, risulta chiara la fase di debolezza attraversata dal baht, a cui vengono a mancare i principali fattori di supporto.
Luce in fondo al tunnel
Nel breve periodo, l’outlook per la Thailandia risulta quindi negativo, in linea con le previsioni per la maggior parte dei paesi del mondo: l’inflazione è in forte rallentamento (-3% ad aprile), segnalando un indebolimento della domanda interna, mentre a livello di crescita economica l’IMF prevede una severa contrazione del PIL per l’anno in corso, pari al -6.7%, la peggiore dal 1998.
Ciononostante, alcuni elementi portano a pensare che la situazione thailandese risulti meno drammatica rispetto allo scenario delinato nelle scorse settimane per altri paesi emergenti, suggerendo come il paese presenti maggiori spazi di manovra per affrontare l’attuale crisi.
Secondo la recente analisi di Moody’s, che a fine aprile ha cambiato l’outlook della Thailandia da positivo a stabile, ma confermato il rating a Baa1, le finanze pubbliche thailandesi sono infatti abbastanza solide da riuscire a sopportare lo shock del coronavirus, nonché permettere di agire per ammorbidire i suoi effetti. Il paese detiene infatti un basso debito pubblico (42% del PIL nel 2019) e un rapporto deficit-PIL prossimo allo 0; risulta inoltre contenuta la quota di debito in valuta estera.
Ulteriore elemento di forza sottolineato da Moody’s è la diversificazione dell’economia del paese, che sì conta molto sul turismo ma presenta anche un settore industriale sviluppato, soprattutto per il comparto automotive ed elettronico.
Grazie ad un lockdown molto restrittivo, la Thailandia ha ottenuto risultati molto positivi nella gestione dell’emergenza sanitaria. In tutto il mese di maggio i casi di contagio confermati sono stati inferiori a 100. Molto limitato è anche il numero dei morti totali per Covid19 dall’inizio dell’epidemia (56).
Ci si attende quindi che la Thailanda superi la tempesta con meno danni rispetto ad altri paesi emergenti, ma sicuramente una vera ripresa per il paese potrà vericarsi solo con il superamento dell’epidemia e il ritorno dei turisti a Phuket.