Cambio di rotta in Turchia?
Dopo 2 anni, torna in campo la politica monetaria contro lo spettro della crisi valutaria
Pubblicato da Alba Di Rosa. .
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Nella giornata di ieri, una “storica” decisione della Central Bank of the Republic of Turkey ha sorpreso i mercati: per la prima volta in due anni, il comitato di politica monetaria ha deciso per un rialzo del tasso d’interesse di riferimento (1 Week Repo).
Come si può notare dal grafico di seguito, tratto da DailyDataLab, l’ultimo rialzo dei tassi in Turchia si era verificato a settembre 2018. Dopo un periodo di stabilità, a partire dall’estate del 2019 si sono susseguiti una serie di tagli con l’entrata in carica del nuovo governatore Murat Uysal, gradito al presidente Erdogan e allineato alle sue preferenze in tema di politica monetaria. Il tasso nominale resta poi stabile a partire dalla primavera del 2020.
Dalla giornata odierna, invece, il tasso di riferimento è passato a 10.25%, dal precedente 8.25%, per un significativo rialzo di 200 punti base.
La reazione della valuta
La valuta turca ha reagito positivamente alla notizia, a fronte di una mossa tanto auspicata quanto inaspettata per i mercati. Ben noto è infatti l’orientamento di politica monetaria del presidente Erdogan, sfavorevole ad alti tassi d’interesse: per questa ragione, la maggior parte degli analisti non attendeva un rialzo da parte di una banca centrale che risente di pressioni politiche.
In relazione a questa notizia, negli ultimi due giorni la lira si è rafforzata di quasi 1 punto percentuale rispetto al dollaro, dopo aver perso più del 12% del suo valore rispetto al biglietto verde dalla fine di luglio (quasi il 30% dall’inizio dell’anno).
Come abbiamo raccontato in precedenti articoli (il più recente a questo link), la lira turca risulta una valuta storicamente fragile che, in linea con il cluster delle emergenti, è stata penalizzata dall’impatto dell’emergenza Covid. Dall’inizio dell’anno la valuta è stata caratterizzata da un progressivo indebolimento, e le riserve valutarie del paese da una significativa erosione, in linea con i tentativi delle autorità monetarie di sostenere la lira. Ciò risulta evidente dalla fase di stabilità del cambio col dollaro nel grafico sopra riportato, poi bruscamente interrotta a fronte di una presunta scarsità di risorse.
Rischi e reazioni
Di fronte a questo scenario, il maggiore timore manifestato dai mercati è stato quello di una crisi nella bilancia dei pagamenti: questo è tra i motivi che a metà settembre hanno spinto Moody’s al downgrade del debito sovrano turco, da B1 a B2, spingendolo ulteriormente nell’area junk. È stato inoltre mantenuto l’outlook negativo, per il rischio che la situazione potesse deteriorare rapidamente.
All’ultimo comitato di politica monetaria, lo spettro di una crisi valutaria potrebbe essere stato più concreto del solito, tanto da spingere la banca centrale al rialzo dei tassi, citando le ragioni di un’inflazione che stava manifestando ritmi di crescita più elevati delle attese (+11.77% YoY ad agosto). Nonostante la stretta sul tasso di riferimento, i tassi reali turchi rimangono però ancora in territorio negativo: il cammino volto a riportare la situazione finanziaria turca sotto controllo ed a ridare credibilità alla banca centrale turca sembra quindi ancora lungo.
Ulteriore mossa verso tale direzione risale ad oggi: la Banking Regulation and Supervision Agency turca ha rallentato le restrizioni per gli investitori esteri, nel tentativo di limitare la fuga di capitali che è stata particolarmente forte dall’inizio del 2020, come si nota dai dati sulle transazioni in azioni e Government Domestic Debt Securities da parte dei non residenti (-14 miliardi di dollari dall’inizio dell’anno). Emergono quindi alcuni timidi segnali di normalizzazione, ma la luce in fondo al tunnel sembra ancora lontana.