Un accordo storico: la firma del Regional Comprehensive Economic Partnership
Le principali economie di Asia e Oceania entrano nel più grande accordo regionale di libero scambio, polarizzando le prospettive di crescita ancora più a Oriente
Pubblicato da Marzia Moccia. .
Accordi di libero scambio Asia Congiuntura Oceania Mercati esteri Sud-est asiatico Congiuntura Internazionale
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Sul fronte del commercio internazionale, una delle notizie più rilevanti degli ultimi giorni è stata la firma del più grande trattato di libero scambio al mondo: la Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). L’intesa, firmata lo scorso 15 novembre, istituisce un’area commerciale che vale, ad oggi, circa il 30% del Pil mondiale e conta circa 2,2 miliardi di consumatori, quasi un terzo della popolazione mondiale, includendo le 10 economie dell’area ASEAN (Indonesia, Vietnam, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Brunei) e le principali economie dell’Asia-Pacifico, quali Cina, Giappone , Corea del Sud, Nuova Zelanda, Australia.
Proposto per la prima volta nel 2012, l’accordo ha visto la luce dopo diversi anni di negoziazioni, che hanno coinvolto in un primo momento anche l’India, fino al suo ritiro dal tavolo delle contrattazioni nel corso dello scorso anno, preoccupata della potenziale minaccia cinese per la propria industria domestica.
Sebbene molti dettagli debbano ancora essere resi noti, l’intesa siglata si articola in 20 capitoli, prevedendo una disciplina specifica in materia di riduzione delle barriere tariffarie, con l'obiettivo di ridurre in 20 anni il 90% delle tariffe esistenti tra i paesi membri, e, soprattutto, introdurre un’armonizzazione delle barriere non tariffarie (regole di origine e standard tecnici). L’accordo commerciale prevede, inoltre, una disciplina specifica per la tutela degli investimenti, per il commercio elettronico e per la liberalizzazione dei servizi, seppur con una copertura solo parziale. A differenza degli accordi “approfonditi” conclusi con diversi paesi dell’area da parte dell’Unione Europea, il nuovo RCEP risulta maggiormente incentrato su misure di abolizione tariffaria e di facilitazione del commercio, non prevedendo una disciplina relativa a tematiche più moderne, quali gli standard ambientali e lavorativi o una regolamentazione per il public procurement. Secondo diversi commentatori, è stata proprio questa caratteristica, uno scopo più contenuto rispetto agli accordi di nuova generazione, a rappresentare un punto di forza in fase di contrattazione tra i diversi paesi firmatari, che includono Paesi con gradi di sviluppo economico anche profondamente diversi.
Le ragioni per le quali è doveroso considerare il nuovo accordo commerciale come un patto di portata storica per il futuro delle relazioni economiche internazionali vanno tuttavia decisamente al di là degli aspetti prettamente commerciali. Esse attengono soprattutto a quattro principali considerazioni di carattere geo-economico:
- la forte spinta verso un processo di regionalizzazione delle catene del valore all’interno del c.d. “blocco asiatico”;
- la ricerca di una sempre maggiore autonomia da parte della Cina dalle catene del valore occidentali;
- il sostegno di un approccio di tipo multilaterale;
- la sfida competitiva per i poli occidentali di UE e Stati Uniti.
Il processo di regionalizzazione delle catene del valore all’interno del “blocco asiatico”
L’introduzione di un’area economica integrata Asia-Oceania insiste in una regione dove gli scambi interni rappresentano già quasi il 30% degli scambi commerciali totali: nel 2019 gli scambi interni all’area commerciale RCEP hanno raggiunto i 2366 miliardi $, come mostra il grafico che segue.
Fonte: Elaborazioni ExportPlanning
Gli scambi con le rimanenti aree geografiche risultano di gran lunga inferiori e nella quasi totalità dei casi il valore dei flussi in export risulta maggiore di quello in import, a fronte di un complessivo saldo commerciale positivo a favore dell’area RCEP.
Più di un terzo del paniere di beni scambiati internamente è rappresentato da beni intermedi, evidenziando un significativo grado di sinergia delle filiere delle aree economiche incluse nell’accordo. Gli spazi di guadagno più significativo si attendono nel medio-periodo, derivanti dall’armonizzazione delle rules of origin e dalle definizione di standard tecnici comuni, attualmente oggetto di discipline differenziate e spesso dipendenti da precedenti accordi bilaterali.
L’intesa commerciale contribuirà perciò a potenziare il grado di integrazione esistente tra diversi paesi dell’area, ampliando il paniere di beni oggetto di scambio e incentivando le imprese locali a cercare fornitori all'interno della regione.
È inoltre opportuno sottolineare come l’accordo commerciale interessa paesi con grado di sviluppo anche molto diversi, con relativi vantaggi di costo complementari, aprendo le porte a un’efficiente specializzazione produttiva dei diversi distretti.
Maggiore autonomia da parte della Cina
Dal punto di vista degli equilibri geopolitici l’intesa segna un passo fondamentale nel delineare l’influenza prospettica della Cina nella regione. Il partner cinese detiene infatti una posizione di assoluta leadership sul mercato, con una quota vicina al 30%. La crescita della Paese del Dragone nell’area è inoltre stata ininterrotta e ha interessato tutte le principali categorie di beni, come mostra il grafico che segue.
Fonte: Elaborazioni ExportPlanning
Se da un lato l’accordo commerciale incentiva la Cina a potenziare i già significativi legami di filiera, dall’altro costruisce un grande potenziale mercato di sbocco per i suoi beni di consumo. La strategia si sposa con l'obiettivo di potenziare l'industria domestica annunciato dal Paese all'interno del 14° piano quinquennale, che consoliderà il graduale upgrading dei beni di esportazioni cinese, in particolar modo per i settori ad alta intensità di tecnologia.
Il segnale a favore del multilateralismo
In un contesto di graduale protezionismo, l’accordo si propone in controtendenza, rafforzando il coinvolgimento dei paesi dell'area nel sostenere un meccanismo di contrattazione multilaterale. La firma del RCEP ha inoltre consentito un'accelerazione dell'integrazione economica del Nord-est asiatico: i negoziati su un possibile accordo Cina-Corea del Sud-Giappone si erano arenati ormai da diversi anni.
La sfida competitiva per USA e UE
La firma dell'accordo pone sfide di carattere geo-politico rilevante per Stati Uniti ed Unione Europea, per i quali potrebbe prospettarsi una significativa riduzione della propria influenza in un'area di forte vocazione alla crescita, a beneficio della Cina. Tuttavia, se da un lato negli ultimi anni l’UE è stato un partner attivo all'interno della regione, siglando accordi di partenariato economico con Giappone, Corea del Sud e Vietnam, e dando vita a un'intensa attività di negoziazione con la Cina, lo stesso non può dirsi degli Stati Uniti.
Dopo l’abbandono della Trans-Pacific Partnership (TPP) da parte del presidente uscente Donald Trump nel 2017, la definizione del possibile ruolo degli USA nel futuro economico dell'area del Pacifico spetterà alla neo-presidenza Biden. Uno degli obiettivi dell'amministrazione Obama nel corso dei negoziati del TPP era infatti quello di rafforzare i legami economici nell'area del Pacifico come contrappeso all'ascesa del Paese del Dragone, attraverso un accordo di "nuova generazione", che disciplinasse anche in materia di standard lavorativi e ambientali.
La firma dell'accordo RCEP potrebbe essere l'occasione per riprendere i dialoghi sul fronte atlantico e definire una strategia comune da parte di UE e USA.