Profonda crisi in Myanmar
Il cambio della valuta birmana riflette sempre più la grave crisi politico-economica in corso nel paese
Pubblicato da Alba Di Rosa. .
Cambio Asia Tassi di cambio
Accedi con il tuo account per utilizzare le funzioni stampa migliorata (pretty print) e includi articolo (embed).
Non sei ancora registrato?
registrati!
Uno dei ruoli che stanno svolgendo i mercati finanziari è anche quello di sentinelle dell’evoluzione della qualità istituzionale dei diversi paesi nel mondo. I tanti casi di crisi economiche dovute ad un peggioramento della qualità delle istituzioni (Venezuela, solo per citarne uno tra i tanti) e, al contrario, i successi basati anche sulla qualità istituzionale (Nuova Zelanda, ad esempio) hanno spinto i mercati finanziari ad un attento controllo dell’evoluzione della salute delle istituzioni dei diversi paesi.
Nei giorni scorsi l’allarme dei mercati è suonato per il Myanmar, il cui tasso di cambio si è avvicinato alla soglia storicamente elevata dei 2000 kyat per dollaro, con un deprezzamento prossimo al 20% nel solo mese di ottobre. Nel complesso del 2021, il deprezzamento del kyat ha superato il 50%, nonostante il tentativo della Central Bank of Myanmar di legare la valuta in un range di fluttuazione del +/- 0.8% rispetto al dollaro - iniziativa poi abbandonata per una crescente pressione sul tasso di cambio1.
La storia del Myanmar
La Birmania (o, in modo più formale, Myanmar) rientra tra i Least Developed Countries del continente asiatico. Pur mostrando molteplici potenzialità, negli ultimi 20 anni non ha saputo beneficiare, al pari dei suoi vicini, della globalizzazione dell’economia mondiale e della forte crescita del Far East. Tra i principali punti di debolezza, troviamo in prima linea la scarsa qualità delle istituzioni.
Ex colonia britannica, la Birmania è diventata indipendente nel 1948. Dopo alcuni anni di tentativi di democrazia, nel 1962 il paese è caduto nel buio di una dittatura militare. Il possibile processo di democratizzazione è iniziato solo nel 2011, con l’avvio di una “democrazia disciplinata”, con ampi poteri rimasti in mano ai militari. L'uscita dal regime avviene solo con le
elezioni politiche del 2015 e con l’elezione, l’anno successivo, di Aung San Suu Kyi alla guida del paese.
Il 1 febbraio 2021, con un colpo di stato, i militari sono ritornati al potere interrompendo il processo di democratizzazione in corso. Quasi tutti gli esponenti di spicco della Lega nazionale per la democrazia, partito che aveva trionfato nell’ultima tornata elettorale del 2020, sono stati arrestati. Da allora sono iniziate le proteste di piazza, a cui il regime ha riposto con una sanguinosa repressione.
La crisi politico-economica
In una situazione già delicata per l'avvento della pandemia, lo shock politico ha quindi costituito un ulteriore elemento di crisi, portando con sè un inevitabile crollo dell’economia. Nel grafico che segue sono riportate le diverse previsioni sulla crescita del PIL nel 2021 della Birmania, fatte dal Fondo Monetario Internazionale negli ultimi anni. E’ evidente come la valutazione sulla situazione economica del paese sia radicalmente cambiata tra lo scenario di previsione formulato ad ottobre 2020 e quello formulato, dopo il colpo di stato, ad aprile 2021. Nello specifico, le più recenti stime prevedono un crollo del prodotto interno lordo prossimo al 9% nell'anno in corso.
Anche dalle previsioni della World Bank emerge uno scenario negativo: l'istituto prevede un impatto severo di questa situazione sull’economia del paese, spaziando dalla perdita di posti di lavoro alla riduzione dei redditi e l'aumento della povertà. Il rischio che si delinea per il lungo periodo è quello di mettere a repentaglio i progressi abbracciati dal Myanmar nell'ultimo decennio.
Con i fatti di quest’anno, la Birmania si inserisce quindi tra i casi più rappresentativi di come lo sviluppo economico non possa che andare di pari passo con il miglioramento delle istituzioni, e come variazioni del tasso di cambio riflettano sempre più anche i cambiamenti del grado di fiducia dei mercati verso il paese.
1. Secondo quanto riportato dal Fondo Monetario Internazionale, il tasso di cambio del paese non è liberamente fluttuante, bensì rientra negli “other managed arrangements”. La banca centrale gestisce il tasso di cambio del kyat pubblicando un reference rate.