Crisi turca e variante Omicron

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Nel mondo forex, anche questa settimana la lira turca è salita al centro della scena, complice l’azione del presidente Erdogan che rimane lontana dall’ortodossia monetaria. Se la scorsa settimana il cambio col biglietto verde ha raggiunto il picco di 12.55 lire per dollaro, la situazione ha assistito ad un ulteriore peggioramento negli ultimi giorni: nella giornata odierna, il cambio si è chiuso sui livelli di 13.83 lire per dollaro.


Ultimi aggiornamenti sulla Turchia

La dinamica della valuta continua a testimoniare chiaramente la disapprovazione dei mercati verso l’approccio di politica monetaria del presidente Erdogan: dopo l’ultimo taglio dei tassi d’interesse di riferimento a fine novembre, continua infatti l’indebolimento della lira.
Fattori aggiuntivi hanno recentemente portato ulteriore pressione sulla valuta: risalgono a martedì sera le nuove dichiarazioni controcorrente del presidente turco, che ha sottolineato come il suo taglio dei tassi porterà l’inflazione a diminuire – contrariamente alla visione generale degli economisti internazionali. Sempre nel corso della settimana ha avuto luogo la sostituzione del ministro delle finanze Lufti Elvan, accusato di eccessiva ortodossia a livello di politiche economiche.

In questa situazione di generale pressione, la banca centrale turca ha ritenuto necessario implementare provvedimeti di soccorso per il tasso di cambio – che, dall’inizio dell’autunno ad oggi, si è indebolito di oltre il 60% rispetto al biglietto verde. Mercoledì l’istituto centrale ha cominciato a vendere riserve di valuta estera nel tentativo di sostenere la lira, nonchè avviato transazioni presso il Borsa Istanbul Derivates Market a causa di “dannose distorsioni del tasso di cambio”, ritenute “non realistiche e completamente distaccate dai fondamentali economici”. Si dichiarano diretti interventi forex attraverso transazioni di vendita anche nella giornata odierna.

Dopo il recupero delle riserve di valuta estera detenute dalla Turchia osservato negli ultimi mesi, sembra quindi giunto il momento per la TCMB (Central Bank of the Republic of Turkey) di sfruttare quanto accumulato per evitare un collasso della valuta. La fiducia degli osservatori internazionali rimane comunque estremamente limitata, data l’assenza di ortodossia che ormai caratterizza la Turchia dal lato delle sue politiche monetarie.


Nuova variante e incertezza sui mercati

Ulteriore elemento al centro dell’attuale scena finanziaria è sicuramente l’incertezza legata ad Omicron, la nuova variante da Covid-19, che tiene le valute rifugio al centro della scena. La nuova variante sta infatti portando con sè il timore di nuovi lockdown e limitazioni, già introdotte in diversi paesi europei.
I mercati percepiscono quindi un generale sentiment di panico, benchè non si conosca tuttora con certezza l’efficacia dei vaccini rispetto alla nuova variante. La situazione di timore dei mercati si nota, ad esempio, dal tasso di cambio della Thailandia, paese molto esposto al turismo, che ha registrato un significativo indebolimento nelle ultime settimane.

In un simile contesto di incertezza, una completa normalizzazione risulterebbe quindi ancora lontana, anche dal punto di vista della politica monetaria1. Il tema dell’inflazione rimane però al centro dall’attenzione delle banche centrali, spingendo verso l’ipotesi di una potenziale anticipazione del rialzo dei tassi.
Nell’ultima settimana è salita al centro della scena la dichiarazione di Powell, presidente della Federal Reserve americana, che ha affermato a proposito dell’inflazione: “it’s probably a good time to retire that word (transitory) and try to explain more clearly what we mean”. Un’inflazione inizialmente considerata con certezza transitoria, sta quindi cominciando a sollevare i dubbi degli esperti.

In questo contesto, il tema della normalizzazione della politica monetaria sta entrando nelle riflessioni degli analisti anche in merito allo scenario UE, che sta attraversando un simile contesto di inflazione tuttora in salita – benchè a livelli parzialmente inferiori rispetto al caso USA.

Tasso d'inflazione mensile
(gennaio 2018 – ottobre 2021)


Come si nota dal grafico, dalla seconda metà del 2020 l’inflazione ha ripreso il suo cammino di crescita negli USA e, da inizio 2021, anche nell’UE27. Sempre più caldi gli ultimi mesi: ad ottobre si è toccato il 6.2% per gli USA e il 4.4% per l’UE. Per il mese di novembre appena concluso, l’Eurostat prevede un ulteriore incremento pari al 4.9%.

Le iniziali previsioni degli istituti centrali di una temporanea fase di inflazione successiva allo shock Covid cominciano quindi ad essere messe in dubbio da alcuni degli osservatori dello scenario economico internazionale.


1. Come raccontato in un precedente articolo, sono principalmente le banche centrali dei paesi emergenti ad aver imboccato un approccio di normalizzazione della politica monetaria, a fronte degli istituti centrali di buona parte dei paesi sviluppati che, per il momento, hanno lasciato inalterati i rispettivi tassi d’interesse di riferimento.