Il default di Evergrande e le crisi delle forniture di energia creano incertezza per l'economia cinese

Pubblicato da Gloria Zambelli. 01 Ottobre 2021.

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In queste ultime settimane,il Paese Dragone è stato al centro dell’attenzione mediatica in seguito alla crisi di liquidità della società di investimento immobiliare Evergrande, dopo il mancato rimborso di una cedola da 83 milioni di dollari in scadenza lo scorso 23 settembre. Con oltre 300 miliardi di dollari di debiti, la China Evergrande Group è stata ribattezzata da diversi giornali "la Lehman Brothers di Pechino", mandando in scompiglio i mercati finanziari in tutto il mondo.

Il caso Evergrande: effetto su piazza affari

Dopo essere stata una delle protagonista del boom economico cinese, negli ultimi anni la società è entrata in crisi a seguito del rallentamento del mercato immobiliare e delle regolamentazioni più stringenti imposte di recente dal governo per il settore. La chiusura dell’economia cinese verso i mercati finanziari esteri ha determinato la forte propensione dei risparmiatori ad investire sul mattone, nel tempo accentuata dalla crescita dei prezzi delle abitazioni, gettando le basi per lo scoppio di una bolla immobiliare.

Nei mesi scorsi il governo cinese è intervenuto per frenare questo trend speculativo, regolando da una parte il prezzo delle case, dall’altra l’eccessivo indebitamento delle società immobiliari. L’impatto della stretta governativa è stato devastante per Evergrande, e la situazione è peggiorata quando il governo ha fatto intendere di essere intenzionato a non effettuare alcuna azione di salvataggio verso la società, rompendo il paradigma economico del too big to fail.

I problemi finanziari del colosso dell'immobiliare si sono ripercossi sulle Piazze Affari di tutto il mondo.
Quando lo scorso mercoledì 20 settembre la notizia dell'imminente crack della Evergrande è stata diffusa, in un solo giorno la S&P 500 ha perso l’1,7 per cento, l'FTSE italiano il 2,6% e il DAX tedesco il 2,3%; per poi recuperare nelle giornate successive. Anche tutte le altre borse asiatiche ed europee hanno chiuso in forte calo.

Indici di borsa: USA S&P500, FTSE italiano e DAX tedesco
Fonte: DailyDataLab

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La risposta della valuta

Come raccontato in un precedente articolo, grazie alla rapida rispesa post-pandemica del mercato Cinese, lo yuan ha sperimentato una forte fase di apprezzamento tra maggio 2020 e 2021, arrivando a 6.37 yuan per dollaro, sui livelli di massimo di luglio 2018. Ormai da qualche mese il tasso di cambio è stabile intorno ai 6.46 yuan per dollaro.

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Occorre precisare che il regime di cambio della Cina rientra, secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel gruppo degli “Other managed arrangements”; la People's Bank of China (PBOC) permette infatti al tasso di cambio di aumentare o diminuire del 2% rispetto al tasso ufficiale medio, che stabilisce ogni mattina. Sebbene negli ultimi anni la banca centrale abbia dato l’impressione di volersi muoversi verso una maggiore liberalizzazione del cambio, i segnali su questo fronte appaiono contrastanti.
Nel novembre del 2015, in un'ottica di internazionalizzazione della valuta, lo yuan è stato aggiunto al paniere degli Special Drawing Rights (SdR), ovvero l’unità di conto del Fondo Monetario Internazionale. L'apertura del conto capitale porterebbe sicuramente ingenti vantaggi al Paese del Dragone, primo fra tutti la possibilità di dare un freno al signoraggio dell’avversario statunitense, ovvero l'insieme dei redditi derivanti dall'emissione di moneta il cui costo è scaricato soprattutto sui paesi emergenti che spesso utilizzano il dollaro per le transazioni.

Nonostante ciò, Pechino continua ad esercitare severi controlli sui capitali compromettendo l’attrattiva dello yuan come moneta di scambio internazionale.
Secondo quanto riportato da Reuters, attualmente i regolatori cinesi stanno rafforzando il loro controllo sul mercato valutario, spingendo le banche a commerciare meno valuta estera e in intervalli più piccoli per frenare la speculazione. E’ probabile che l’intenzione della PBOC sia quella di mantenere inalterata la relativa forza che lo Yuan ha guadagnato negli scorsi mesi, in maniera tale di isolare il paese dall'aumento dei prezzi delle materie prime.

Infatti, un'ulteriore sfida che il paese sta affrontando riguarda la crisi delle forniture energetiche dovuta in parte alla nuova politica cinese volta a ridurre le emissioni, imponendo dei limiti crescenti alla produzione interna di carbone. Allo stesso tempo, le relazioni commerciali tra Cina ed Australia (storica via di importazione) sono state recentemente sotto pressione a causa delle tensioni geopolitiche tra i due paesi, con la Cina che ha imposto dei dazi sul carbone australiano. In questo contesto, molte fabbriche hanno sospeso o ridotto la produzione per non superare i limiti sui consumi energetici.

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Conclusioni

Riprendendo le fila dell’analisi, lo scenario economico per il quarto trimestre 2021 si rivela carico di incertezza per la Cina e tra gli economisti iniziano a circolare stime al ribasso sulle previsioni di crescita di quest’anno. Dato il controllo che la banca centrale esercita sulla valuta, nel breve periodo non si dovrebbe assistere a particolari fluttuazioni del cambio. E' quindi possibile che nei prossimi mesi permanga una stabilità del cambio rispetto al dollaro.

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