La vocazione all’export delle PMI italiane

Sostegno allo sviluppo del potenziale di esportazione delle PMI per la ripartenza economica post-Covid19

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Politica economica PMI Made in Italy Export territoriale Export Italia

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Gli aiuti finanziari provenienti dall’Unione Europea per superare i danni economici e sociali causati dalla diffusione della pandemia rappresentano, per l'Italia, l'opportunità di mettere in atto tutte quelle riforme che attendono di essere concretizzate ormai da tempo. Anche il potenziale all'export delle Piccole e Medie Imprese italiane rappresenta, in questo senso, un elemento da valorizzare e potenziare nell'ottica di una ripresa orientata alla crescita sostenibile.

Al fine di condurre un’analisi comparativa tra le caratteristiche dell’export italiano e quello dei suoi competitor europei, è riportata di seguito una tabella che rileva sia il numero delle imprese esportatrici, suddivise per classe dimensionale, che l’ammontare delle relative esportazioni, per sei paesi UE: Italia, Germania, Francia, Spagna, Polonia, Svizzera.

Fonte: Elaborazioni ExportPlanning su dati Eurostat e Istat.

I dati raccolti, di fonte Eurostat e Istat e riferiti al 2018, sono stati raggruppati in quattro classi per suddividere le diverse imprese esportatrici in termini di numero di addetti (Classi di addetti):

  • Micro imprese: meno di 10 addetti;
  • Piccole imprese: numero di addetti compreso tra i 10 e 49;
  • PMI: numero di addetti compreso tra 50 e 249;
  • Grandi imprese: almeno 250 addetti.

Nell’ultima colonna della tabella è invece riportato il valore medio esportato per le singole classi di addetti, calcolato come il rapporto tra il valore totale delle esportazioni ed il numero delle imprese esportatrici nella specifica categoria dimensionale.

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Da questa panoramica emerge la peculiarità dell’Italia di avere un numero di piccole imprese esportatrici che non ha eguali rispetto agli altri paesi: in particolare, osserviamo che il peso delle esportazioni italiane nella fascia compresa tra i 10 e 49 addetti è stato pari, nel 2018, al 17% del totale (73 miliardi di euro), seguito dalla Spagna con un peso pari al 14%.
Anche la vocazione all’export delle PMI rappresenta un elemento tipico del commercio nazionale: guardando alla fascia 50-249 addetti, si nota come nel 2018 il valore medio esportato sia stato pari circa a 13 milioni di euro per l'Italia, secondo solo alla Svizzera con 21 milioni di euro.

Per approfondire nel completo la tematica, sono riportati di seguito degli istogrammi che rappresentano i livelli delle esportazioni indicati nella tabella precedente. Al fine di rendere immediato un confronto tra i diversi paesi, è stata mantenuta per tutti i grafici la medesima scala, rappresentando attraverso una "spezzata" (si vedano i casi di Francia e Germania) i valori superiori ad essa.

Livelli di export per classi dimensionali delle imprese (2018)
Miliardi di euro

Fonte: Elaborazioni ExportPlanning su dati Eurostat e Istat.

Possiamo osservare come i livelli delle esportazioni delle Grandi imprese francesi e tedesche siano decisamente elevati, raggiungendo rispettivamente un ammontare pari a 319 e 882 miliardi di euro nel 2018. Al contrario, per l’export Made in Italy si segnala un ruolo meno incisivo delle Grandi imprese rispetto alle altre classi dimensionali: infatti, il peso delle esportazioni di queste ultime rappresenta il 49% del totale (ovvero 212 miliardi di euro), mentre per Francia e Germania le grandi imprese hanno un peso pari al 78% e 77%.

Soprattutto grazie a quest’ultimo confronto emerge chiaramente un’anomalia italiana che pone un problema politico rilevante. Storicamente si è ritenuto che la vocazione dell’Italia per le piccole e medie imprese fosse un ostacolo all’obiettivo di incremento del PIL, reputando necessaria una crescita dimensionale delle aziende al fine di sviluppare maggiormente l’export. Tuttavia, nell’attuale contesto internazionale, esistono altre variabili, come la velocità ad inserirsi in un mercato e l’innovazione, che possono influenzare positivamente l’export a prescindere dalle dimensioni delle imprese. La natura del tessuto aziendale italiano non sembra quindi porsi, ad oggi, come ostacolo allo sviluppo dell'export, in presenza di adeguati supporti ed incentivi alle Piccole e Medie Imprese nello sviluppo del proprio potenziale di esportazione.

Conclusione

In conclusione non vi è alcun dubbio che l'Italia, che nei prossimi anni dovrà "rientrare" da un debito pubblico del 160% del PIL, non potrà che avere proprio nei mercati esteri il motore principale della sua crescita.

In questo contesto, sembra ragionevole attuare delle politiche di sostegno alle esportazioni rivolte non solo alle grandi imprese, ma anche alle PMI, dato il loro peso rilevante per l’export Made in Italy

Dunque, l'azione forse più efficace (ovvero, in grado di produrre i maggiori effetti in termini di crescita delle esportazioni) sembra essere quella di sostenere la trasformazione in Imprese Esportatrici Abituali delle molte realtà imprenditoriali che, fino ad oggi, hanno affrontato i mercati esteri in modo saltuario e senza una adeguata pianificazione. Tale cambiamento può essere attuato incentivando le imprese ad avviare percorsi di internazionalizzazione basati su best practice di organizzazione, pianificazione e utilizzo di competenze specialistiche esterne all'impresa.
È esattamente verso questa direzione che si colloca la Petizione per l'export, sottoscritta da un gruppo di export manager, economisti di impresa e imprenditori, per porre all'attenzione il problema delle istituzioni.