La competitività dell'export Italia sui mercati internazionali nel 2022

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Marketing internazionale Made in Italy Analisi competitor Export Italia

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Il background di riferimento: oltre vent’anni di crisi

Per oltre un ventennio il Belpaese ha progressivamente accusato una riduzione delle proprie quote di commercio mondiale. Come evidenziato dal grafico che segue, nel periodo compreso tra la fine del secolo scorso e il 2020, la quota in valore delle esportazioni italiane ha subito una caduta significativa, passando da un livello di poco superiore al 4.5% nel 1995, a convergere su una soglia inferiore al 3% nel corso degli ultimi anni. Altrettanto significativa risulta la contrazione della quota italiana di commercio mondiale a prezzi costanti – al netto cioè delle modifiche dei prezzi e rapporti di cambio – che dal 4% è scesa al di sotto del 2.5% nel corso del secolo.

Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati ExportPlanning.

L’emergere della globalizzazione con il relativo abbattimento delle barriere doganali, e l’allargamento dell’Unione Europea ad Est in concomitanza con una forte riduzione dei costi della logistica, hanno messo a dura prova la competitività delle imprese manifatturiere italiane sui mercati esteri.
Durante questa fase molte imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, non sono state in grado di realizzare un upgrade del proprio sistema produttivo, subendo la concorrenza delle imprese localizzate nei paesi a basso costo del lavoro, e determinando quindi una contrazione delle quote di mercato italiane.

Ad oggi (ultimo dato 2022), il Belpaese risulta detenere circa il 2.7% di commercio mondiale di manufatti, evidenziando una relativa stabilizzazione del fenomeno di ridimensionamento della quota italiana.
Pur con le opportune differenze in termini di quota di commercio mondiale, il fenomeno di tenuta che ha caratterizzato la quota di commercio italiana anche nel corso degli ultimi anni, e in particolar modo nel post pandemia, mette in luce alcune differenze con il vicino concorrente tedesco, che sembra aver invece registrato una progressiva contrazione della sua quota di commercio mondiale soprattutto a partire dal 2019.

Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati ExportPlanning.

La Constant Market Share Analysis

Al fine di documentare le diverse componenti che hanno guidato il risultato italiano, soprattutto nel corso degli ultimi anni, si è utilizzata la tecnica della Constant Market Share Analysis (CMSA), che permette di scomporre l'effetto delle diverse componenti sulla dinamica della quota di commercio mondiale delle esportazioni italiane e dei principali concorrenti.

Una perdita di quota di commercio mondiale può infatti essere riconducibile a diverse componenti. In primo luogo, essa potrebbe dipendere dalla natura del portafoglio mercati serviti delle imprese italiane, soprattutto in una congiuntura internazionale in cui la resilienza della domanda delle diverse geografie internazionali può apparire anche molto differenziata.
In secondo luogo, la riduzione delle quote a livello aggregato potrebbe essere riconducibile alla composizione delle esportazioni in termini merceologici, riflettendo la specializzazione del Belpaese. Nel 2020, ad esempio, i paesi maggiormente esportatori di prodotti per la salute e beni agroalimentari sono risultati più performanti; maggiormente penalizzati, al contrario, le economie specializzate nella produzione di mezzi di trasporto e macchinari.

Ma in cosa consiste la CMSA? Si tratta di “un metodo statistico che scompone la variazione della quota di mercato (o market share) di un paese tra due periodi successivi rispetto alle sue principali determinanti, racchiuse in letteratura sotto le etichette di effetto competitività ed effetti strutturali”. Tra gli effetti strutturali, teniamo principalmente in considerazione l'effetto struttura merceologica e l'effetto struttura geografica.
Il primo esercita un impatto positivo sulla variazione della market share se la domanda mondiale cresce maggiormente per i prodotti per i quali il paese esportatore detiene quote di mercato maggiori; il secondo esercita un'azione positiva se i mercati nei quali l'esportatore detiene market share più ampie crescono più degli altri in termini di domanda.

Ai fini di analisi, si è considerata la variazione su base tendenziale (ovvero, rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente) della quota di mercato detenuta dall’Italia.

Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati ExportPlanning.

Particolarmente significativo appare il fatto che, soprattutto nel post pandemia, i risultati italiani sui mercati internazionali sono stati fortemente trainati da un effetto competitività, riflettendo una capacità del sistema produttivo di uscire dalla pandemia più rapidamente di altri paesi competitor, e testimoniando resilienza e robustezza dell’industria italiana. Un secondo effetto che ha influito positivamente sulla performance italiana è inoltre stata la struttura geografica del portafoglio mercati servito.
Al contrario, sin dalla seconda metà del 2021, con il progressivo rallentamento degli scambi internazionali e gli aumenti dei costi delle materie prime, il contributo alla nostra quota di commercio mondiale legato alla specializzazione merceologica del made in Italy è stato largamente negativo.

Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati ExportPlanning.

Guardando invece alla Germania, dopo una fase di relativa stabilità della quota di mercato nell’anno dello scoppio della pandemia, a partire dal 2021 si registra una progressiva contrazione; la quota di mercato tedesca rimane anche nel 2022 in una fase di contrazione, benchè via via decrescente. Nel caso tedesco, tutte le tre componenti considerate (effetto competitività, effetto struttura merceologica, effetto struttura geografica) danno segnali di caduta a partire dalla fine del 2021; pesa, in particolare, l’effetto struttura merceologica e, a seguire, la competitività. Comparativamente limitato, invece, l’effetto negativo esercitato dalla struttura geografica.
Al contrario, per l’Italia la competitività rimane nel 2022, per tre trimestri su quattro, in territorio positivo, andando parzialmente a compensare la contrazione osservata in termini di struttura merceologica.

Malgrado sia ancora presto per affermare che la ripresa post-pandemica possa consentire alla manifattura italiana di recuperare terreno nei prossimi anni, appare sicuramente significativo il risultato del Paese in termini di resilienza della propria quota sui mercati internazionali, migliore anche dello storico concorrente tedesco.