Il Made in Italy alla prova del ritorno al protezionismo USA

L’amministrazione americana ha rilanciato con forza il ritorno a una politica protezionistica più stringente. Gli effetti sul made in Italy

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Sin dal suo insediamento, l’amministrazione americana ha rilanciato con forza il ritorno a una politica protezionistica più stringente, con l’obiettivo duplice di rafforzare la capacità produttiva della manifattura USA e riequilibrare il deficit della bilancia commerciale del Paese.

Dopo le prime azioni tariffarie, che hanno colpito Cina, Canada e Messico, a marzo è stata la volta dell’introduzione del dazio del 25% sulle importazioni USA di acciaio e alluminio e, successivamente, di autoveicoli e componenti. La strategia tariffaria del tycoon è però culminata nell’ordine esecutivo Regulating Imports with a Reciprocal Tariff to Rectify Trade Practices that Contribute to Large and Persistent Annual United States Goods Trade Deficits del 2 aprile, che ha introdotto:

  • a partire dal 5 aprile, un dazio doganale del 10% sulle importazioni americane da tutti i partner commerciali (ad eccezione della Russia, sulla quale tuttavia gravano sanzioni specifiche);
  • a partire dal 9 aprile, dazi “reciproci” aggiuntivi per quei partner che contribuiscono al deficit commerciale americano. *Misura attualmente sospesa per una durata di 90 giorni.

Nel caso dell’Unione Europea, e quindi dell’Italia, la tariffa “reciproca” stimata da parte dell’amministrazione Trump è stata del 20%, e cioè 10% aggiuntivo alla tariffa di base applicata a tutti i parnter commerciali, e colpirebbe tutte le esportazioni dirette al mercato americano, ad eccezione dei prodotti già oggetto di iniziative specifiche (es. acciaio o auto) e di una lista di circa di 1000 prodotti esenti (si veda in merito l’approfondimento Trump e i nuovi dazi del 2025: l’elenco dei prodotti esenti).

Il possibile impatto sulle esportazioni italiane

La stretta tariffaria dell’amministrazione Trump arriva in un momento in cui gli esportatori del Belpaese avevano rafforzato la propria posizione sul mercato americano.
Nel 2024, le esportazioni italiane di beni verso gli Stati Uniti hanno infatti superato i 63 miliardi di euro, in continua ascesa dal 2013, e assorbendo circa il 10% delle esportazioni complessive nazionali, pari al 21% Extra-UE.
Il mercato USA è infatti un partner storico, la cui rilevanza è ulteriormente cresciuta nel post-pandemia: si consideri che dal 2022 è diventato la seconda geografia di destinazione delle esportazioni italiane, scalzando la vicina Francia.

Fonte: Elaborazioni ExportPlanning.

Basta pensare che, complice la forte vocazione internazionale, l’Italia è la terza economia in Europa per avanzo commerciale detenuto nei confronti degli Stati Uniti: nell’arco di un decennio l’avanzo commerciale nazionale è infatti passato dall’essere di poco superiore ai 17 miliardi € a valere più di 40 miliardi €, caratterizzandosi per un tasso di crescita medio annuo prossimo al 9% (per un approfondimento si veda l’articolo Lo stato delle relazioni commerciali Italia-USA ).

Il quadro appena descritto espone indubbiamente gli esportatori nazionali agli effetti negativi del ritorno al protezionismo americano. In particolare, la tabella che segue riporta i primi 15 segmenti di esportazione italiana verso il mercato a stelle e strisce, ordinati per il valore delle esportazioni del Belpaese nel 2024; si riporta inoltre l’attuale tariffa media ponderata che grava sulle esportazioni del comparto e l’incidenza del mercato USA sul totale delle esportazioni italiane Extra-UE.

Codice ExportPlanning Descrizione Export italiano in USA 2024
(milioni €)
Tariffa Media Ponderata* Share USA su export ITA Extra-UE
(%)
E4.11Farmaci9 870.10.0036.0
F3.11Automobili, autobus e roulotte3 376.90.2542.0
E0.42Bevande alcoliche2 351.20.2039.0
E2.13Abbigliamento esterno1 776.70.2017.0
E0.12Olio, condimenti e spezie1 634.40.2048.0
F3.23Navi e imbarcazioni da diporto1 579.00.2027.0
E2.71Gioielleria, orologi e bigiotteria1 540.60.2012.0
E2.22Calzature1 341.60.2023.0
F4.36Macchine alimentari1 205.30.2036.0
E2.41Lenti e occhiali1 163.40.2036.0
E3.22Mobili, materassi e elementi d'arredo per la casa1 115.60.2028.0
E2.21Borse, valigie e portafogli1 111.90.2018.0
E2.31Profumi e cosmetici1 074.80.2029.0
D4.11Motori, generatori e trasformatori elettrici1 004.60.2130.0
D2.23Parti di macchine per l'industria leggera911.00.2321.0
Fonte: Elaborazioni ExportPlanning.


Note: * La tariffa media ponderata è stata calcolata nell'ipotesi dei dazi "reciproci" del 20% verso l'Europa e del 25% sui prodotti già colpiti (auto, acciaio e alluminio).

I colori permettono di identificare quei segmenti in cui gli USA assorbono più del 30% delle esportazioni italiane dirette verso i mercati Extra-UE oggetti di provvedimenti tariffari. Tra questi ritroviamo:

  • Filiera automotive: colpita con dazi che spaziano dal 25% per le auto finite al 21% per la componentistica (quest'ultima misura in vigore da maggio). In particolare per le auto, nel 2024 il mercato americano ha assorbito ben il 42% delle esportazioni italiane Extra-UE, a testimonianza degli ampi legami di filiera esistenti;
  • Agroalimentare: colpito con un dazio generalizzato del 20%. I segmenti maggiormente esposti risultano essere quello delle Bevande Alcoliche e dell'Olio, per i quali gli USA rappresentano rispettivamente il 39% e 48% dei flussi diretti ai mercati Extra-UE;
  • Macchine Alimentari: colpite con un dazio generalizzato del 20%; anche in questo casi gli USA rappresentano rispettivamente più del 35% dei flussi diretti ai mercati Extra-UE;
  • Occhialeria: colpita con un dazio generalizzato del 20%; a differenza degli altri comparti del Sistema Moda (Abbigliamento, Gioielleria, Calzature) per il segmento l'export italiano Extra-UE appare infatti più concentrato e meno diversificato.

Si tratta di un elenco, non di certo esaustivo, dei settori che si candidano maggiormente a risentire della politica protezionistica americana, in quanto dovranno mettere in atto una massiccia opera di diversificazione dei mercati per il recupero delle perdite attese.
Tuttavia, per poter stimare l'entità di tale perdita esistono diversi fattori da considerare.

Il primo fattore è rappresentato dall’ammontare del dazio che verrà effettivamente trasferito sul prezzo finale al mercato USA, al netto cioè di quello che potrebbe essere una quota che sarà assorbita da riduzioni di margini da parte dei produttori, al fine di non perdere completamente il proprio posizionamento.
Il secondo fattore da dover tener presente è l’elasticità di sostituzione, cioè la facilità con cui gli importatori americani ri-orienteranno la domanda per un dato prodotto verso altri produttori in risposta alle variazioni relative dei prezzi.

In un ipotesi estremamente semplicistica, in cui ipotizziamo, ad esempio, che il dazio sul segmento delle Bevande Alcoliche venga interamente trasferito al mercato americano - senza riduzione di margini da parte dei produttori - e che l'elasticità di sostituzione di tali prodotti sia pari a uno (e cioè riduzione della domanda di pari entità alla variazione del prezzo), allora la perdita attesa per questo segmento sarà pari a 470 milioni € (aliquota tariffaria*valore dell'export 2024). Questo implica che i produttori di Bevande dovranno ri-collocare su altri mercati l'ammontare di tale perdita, operazione tanto più urgente quanto più è concentrato l'export nazionale verso il mercato americano. Per un approfondimento si rimanda all'articolo L'export di Prosecco DOC a fronte dei nuovi dazi di Trump.

Su questo fronte sarà particolarmente interessante segmentare il posizionamento italiano sul mercato USA in relazione al posizionamento italiano in termini di fasce di prezzo: è infatti ragionevole ipotizzare che tanto maggiore è il posizionamento italiano su quota di mercato alte e medio-alte, tanto minore sarà l’elasticità di sostituzione, cioè la facilità con cui la domanda locale si rivolgerà altrove; tale approfondimento sarà oggetto di successive analisi.

Conclusioni

Quello che lo scorso 2 aprile è stato ribattezzato dall’amministrazione americana come il “Liberation Day” ha, per il mondo intero, posto ufficialmente un segno di rottura inequivocabile con i valori del libero scambio, da parte di un Paese che peraltro si era fatto alfiere della globalizzazione nel corso del secolo.
Al momento, i tecnici della Commissione Europea hanno definito una strategia basata su tre elementi principali: negoziati per cercare di limitare gli effetti negativi dell'azione tariffaria, azione di ritorsione per proteggere aziende e consumatori europei e potenziamento della diversificazione dei mercati, per sfruttare le opportunità del Mercato unico e le opportunità verso altri Paesi colpiti dalle scelte di Washington. Un aspetto che la politica commerciale americana ci permette di evidenziare con forza è infatti l'assoluta rilevanza strategica di attuare attività di diversificazione dei mercati serviti per le imprese che operano all'estero, nell'attuale quadro di rischio e incertezza.